Autore Topic: Stelle cadenti XVI - 14: "Che gli ospiti siano i benvenuti"  (Letto 1115 volte)

Sceiren

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Stelle cadenti XVI - 14: "Che gli ospiti siano i benvenuti"
« il: Agosto 09, 2010, 10:01:00 am »
Eh beh, ci siamo: chi non ricorda uno degli scontri più duri di Karazhan e, in proporzione, credo della intera TBC? Per chi lo conosce già, non c'è bisogno di aggiungere altro, per chi è arrivato più tardi, invece, vi presento Shade of Aran!

14
"Che gli ospiti siano i benvenuti"

Uno dei vantaggi nell'essere morto era poter leggere al buio.  La luce delle candele e, peggio, quella del sole, avevano un pessimo effetto sulle pagine dei suoi tomi e anche allora, prima del trapasso, detestava doversi avvalere dei mezzi necessari per poter continuare a studiare.  La magia, del resto, non sempre poteva essere usata, soprattutto in prossimità di tomi magici così potenti.  Aran voltò la pagina ingiallita del volume che stava consultando con l'ansia dettata dall'avidità di sapere, dal desiderio di comprendere anche quel minuscolo dettaglio che, in tanti anni di studio, ancora gli sfuggiva.  Il silenzio, amava il silenzio, soprattutto della sua ala della torre. Nessuno osava disturbarlo, sia esso vivo sia esso già non-morto perchè la fine sarebbe stata la medesima in entrambi i casi.  Persino il principe Melcazaar talvolta indugiava sull'uscio della biblioteca, quasi sperando di non trovarlo al suo scrittoio... povero sciocco: non aveva altro posto dove andare, ormai ombra di ciò che era, l'ombra di se stesso, l'ombra di Aran.
Erano anni, decenni in effetti che leggeva e rileggeva ogni passo di ogni libro della sua raffinata e ricca libreria, eppure si stupiva di
come persino le ovvietà nascondessero criptici messaggi nascosti e questo lo affascinava, lo esaltava, trasportandolo in un'estasi mista a folle euforia.  Lo faceva sentire vivo.  Aran sapeva, infatti, cosa era stato e cosa era adesso, non viveva giorno dopo giorno ripetendosi: egli sapeva.  Così, con un inutile gesto, strascico della sua vita precedente, si umettò le labbra e strinse i pugni per un attimo, come riattivando la circolazione delle sue spettrali dita vaporose, quando all’improvviso un rumore lo distrasse, attirò la sua attenzione.  Aran disparve: aveva imparato a controllare le proprie abilità di spettro proprio come secoli prima la magia, ed ora per lui non vi era differenza su quali utilizzare, che fosse il fuoco dell'inferno o il ghiacchio della morte.  Così, invisibile, attraversò la porta chiusa della sua biblioteca e cercò di comprendere.
Un elfo.
Aran non credeva ai suoi occhi: un elfo in carne ed ossa... ed un cinghiale. Vivo anche lui.  L'elfo dai capelli d'argento era sudato,
stanco, esausto, eppure motivato.  Dietro alla schiena, Aran riconobbe l'arco il cui nome e storia erano leggendari. Lo spettro non credeva ai suoi occhi! Dopo tanti anni avrebbe avuto la possibilità di studiare un oggetto di cui aveva solo letto le straordinarie qualità.  Così si ritrasse e tornò nella torre preparandosi a colpire. Chiuse il tomo e lo adagiò al suo posto. Non voleva per nessun motivo che si potesse rovinare,quindi si concentrò ed una luce soffusa si diffuse in tutta la biblioteca.  Lasciò solo calamaio, penna e il suo vecchio diario su cui non scriveva da secoli, ma che amava rileggere e commentare più e più volte nella mente.  Non aveva tempo di spostare anche quello e poi, il suo posto era da sempre sul tavolino, non sarebbe venuto a patti col suo ordine per lo strano visitatore.
La maniglia venne tirata e la porta si aprì verso l'esterno.  L'elfo e il cinghiale entrarono guardinghi quindi l'elfo ansimante richiuse la porta e si appoggiò ad essa per riposarsi.  Infine alzò gli occhi ai suoi scaffali.
- Pare che l'abbiamo trovata, piccolo mio! Immagina la faccia di Erebus quando saprà chi ha scoperto questo posto! -
Erebus?  Aran riflettè per un istante: non era solo e se lo stupido elfo possedeva un oggetto di tale fattura, forse anche i suoi compagni
potevano essere degni di nota.
Si avvicinò alle sue spalle, quindi formulò un incantesimo di protezione ed infine si materializzò di nuovo al centro della sala circolare.
- Era una regola semplice, Wild... - disse l'elfo.
Il cinghiale lo caricò, ma non lo sfiorò neppure, attraversandolo e sbattendo con un grugnito contro i piedi del tavolo alle sue spalle.  L'elfo tentò di raggiungere le asce che aveva alla cintura, ma la mano di Aran fu più rapida e da essa scaturì un vortice di vento glaciale che lo paralizzò sul posto.  Gli occhi di un vivente colpito da un cono di freddo diventavano vitrei, come biglie e Aran amava quel momento, il momento che precedeva l'attacco finale, che poneva fine alla competizione, ma decise che poteva tornare utile lasciare vivo l'elfo per un po'...
Il cinghiale grugnì di dolore quando vide il suo padrone cadere a terra con la pelle violacea.  Scalciò un paio di volte, poi si scagliò per la seconda volta contro lo spettro.  Aran non amava le bestie senza intelletto: una creatura intelligente avrebbe capito che l'effetto di una seconda carica sarebbe stato lo stesso della prima in pari condizioni... così voltò le spalle al cinghiale infuriato e quando lo raggiunse, lasciò che una bolla di energia arcana esplodesse dal proprio corpo, travolgendo l'animale e scagliandolo contro il muro della torre.
Aran fissò il corpo morente del cinghiale e scosse il capo disgustato.  A fine scontro avrebbe dovuto pulire col fuoco quell'angolo, per impedire al tanfo di oltraggiare i suoi preziosi tomi.
Con la sinistra aprì la porta, mentre con la destra sollevò magicamente il corpo dell'elfo e lo adagiò sul pianerettolo di fronte alla porta, quindi ebbe una idea migliore.  Sollevò di nuovo l'elfo e lo mise al centro del pavimento della biblioteca, quindi sollevò il cadavere del cinghiale e lo sistemò sul pianerottolo.
Avrebbe pulito dopo, ma almeno la vista ne avrebbe guadagnato da subito.

* * *

Era un singolare cappello a punta.  Yukina si chinò e raccolse da terra lo strano cappello nero e se lo girò tra le mani osservandolo. 
- E' da non credersi che possa essere un'oggetto così raro, ma ormai ho imparato a non stupirmi più nè della magia nè nei gusti sartoriali degli umani. - detto questo lo passò ad Albina la quale scosse il capo con decisione, arretrando disgustata.
- Il giorno in cui mi ridicolerizzerò indossando un cappello a punta come quella ridicola strega stesa a terra, ti prego: uccidimi. -
Erebus si asciugò il sudore dalla fronte quindi stiracchiandosi si avvicinò all'elfo ed al cappello.
- Se proprio non lo vuoi... -
- Non dirmi che a te piace!? - e scoppiò a ridere fragorosamente appoggiandosi a ciò che restava di un albero stilizzato realizzato con una tavola di legno, uno dei numerosi elementi della scenografia del palco del teatro che avevano appena espugnato.
- Ma poi, esordì il nano massaggiandosi il braccio destro con la sinistra, che cosa ci fa una strega in un teatro? -
- Direi che ci siamo riposati anche troppo.  Un nostro compagno è solo, in pericolo, e non abbiamo ancora idea di dove sia! - disse Shockwave dritto come un fuso, nonostante l'evidente stanchezza.
- Se conosco Wildhoney la metà di quello che penso, si starà cacciando i guai colossali che si ritorceranno inevitabilmente contro tutti noi.  Prima lo raggiungiamo, prima evitiamo che lo seguano le entità di mezza torre. - annuì Roredrix schiarendosi la voce.

Attraverso una piccola scala seminascosta sulla sinistra del palco, il gruppo raggiunse i livelli superiori del teatro.  Da lì, falciato qualche spettro rimasto, raggiunsero un altro corridoio che dava su un complesso groviglio di scale che salivano, scale che scendevano. Da capogiro.  Seguendo Erebus che insisteva sul fatto di dover salire ad ogni costo, Roredrix fece strada e fu il primo a trovare il macabro dono abbandonato sul pianerottolo che dava da un lato sull'ennesima scala e, dall'altro, su una porta di legno chiusa.
- Maledizione! Quello è Boaromir! - esclamò il guerriero correndo verso il cinghiale.
Yukina si fece avanti e osservò con gli occhi colmi di tristezza il compagno del suo amico. 
- Boaromir ha dato sicuramente la vita per proteggere WIldhoney e questo è un fatto. -
- Quello è un avvertimento, questo è un fatto. - sottolineò Lùce.
Ilaria si chinò sul cinghiale: un largo squarcio sul fianco sinistro e la schiena. Una bruciatura.  Magia.
- Un evocatore o un mago.  Si tratta di magia comunque. -
- E infatti non ci sono maghi tra noi. Mai che Sceiren ci sia quando occorre. - sbofonchiò Bryger.
- Va bene, mago o non mago se il cinghiale è morto non voglio attendere di trovare un secondo cadavere più avanti.  Non perdiamo tempo. Wildhoney potrebbe avere bisogno di noi. -
Roredrix si avvicinò alla porta di legno e la esaminò con attenzione.  Alcune ragnatele erano presenti a sinitra delle cerniere, ma nessuna su di esse. Erano come state recise e questo significava solo una cosa: la porta era stata aperta di recente, dopo parecchio tempo di immobile attesa.
- Scommetto che il bastardo è là dietro. - disse il guerriero afferrando il battente.
- Credi sia chiusa a chiave? - chiese Lùce preoccupata.
- No. -
- E come lo sai, scusa? - sussurrò Shockwave avvicinandosi.
- Perchè se così fosse, Wildhoney non l'avrebbe potutta aprire. -

* * *

Aran attendeva da tempo una sfida. Emozioni dimenticate come l'ansia prima dello scontro, l'incognita dell'avversario, il fastidio del tempo che passa sempre troppo lentamente, lo stavano deliziando.  Non appena aveva avvertito i passi dei visitatori aveva escogitato il suo piano: si sarebbe preso tutto il tempo necessario, avrebbe utilizzato trucchi e incantesimi che da anni, decenni forse, non impiegava.  Si sarebbe finalmente divertito giocando come il gatto con il topo e infine avrebbe studiato l'arco dell'elfo e gli oggetti sicuramente interessanti dei suoi compagni.  L'attesa si interruppe, infine, quando la porta si aprì lentamente.  Aran non aveva dubbi su come presentarsi, così sorrise un'ultima volta fissando il corpo dell'elfo al centro della sala e si mise di fianco, fissando uno dei suoi scaffali, afferrò il bastone da passeggio apparso dal nulla appoggiato sul muro, e attese.

* * *

Roredrix sentì un nodo alla gola stringersi dolorosamente quando vide il corpo immobile del suo compagno al centro di quella che aveva tutta l'aria della biblioteca che stavano cercando.  Il guerriero alzò lo scudo di un palmo e tutti dietro di lui si fermarono, quindi si voltò con gli occhi lucidi che poco gli si addicevano:
- Wildhoney è a terra. Stiamo in guardia. -
Si voltò senza dare il tempo a nessuno di fare domande a cui non aveva voglia di rispondere e studiò la sala per un attimo, prima di focalizzare la sua attenzione sul vecchio di spalle.  Uno spettro.  Si trattenne dal corrergli incontro, sentiva l'ira bruciargli i polmoni, ma si obbligò a ricordare il suo addestramento e si concentrò sui dettagli.  Il vecchio spettro stava di spalle fissando uno scaffale colmo di tomi dall'area pesante, poi si voltò, incrociò per un attimo il suo sguardo, senza registrarlo, e cominciò a camminare in direzione del centro della biblioteca, in direzione di Wildhoney.  Era un mago, senza dubbio, visti i suoi abiti viola ricamati con arcane rune sui polsini e sui bordi della larga e leggera veste.  I suoi capelli grigi erano lunghi fino alle spalle e, sul davanti, legati in due trecce sobrie e curate.  Una pietra azzurra cucita nell'abito all'altezza dello sterno, riluceva di una luce propria e dava al mago un'aspetto ancora più sinistro.  Una seconda pietra, incastonata nella cintura, emetteva lo stesso bagliore.  Lo spettro sorrideva tranquillo, superò Wildhoney e si diresse al tavolino di fianco e cominciò ad armeggiare con un piccolo taccuino.
- Uno spettro mago. Il primo che incontriamo qui dentro. - disse Erebus concentrato.
- Non sembra mi abbia ancora visto. Credo che se entriamo senza interagire con le sue azioni potremo iniziare noi lo scontro. -
- Non abbiamo scelta, del resto. - continuò Erebus.
- Erebus, non mi riferisco certo al tuo stupido libro. Quello che voglio è vendicarmi. - Roredrix era un vulcano sul punto di scoppiare. 
- Molto bene. Entriamo ed allarghiamoci.  Rore, caricherai per primo.  Way ci coprirà.  Noi altri lo bersaglieremo a distanza. -
- Non dimenticarti che è un mago. Non scherzare con lui. - sibilò Albina.
Roredrix trattenne un respiro, quindi entrò nella sala circolare, seguito da Erebus, Yukina e Ilaria.  I quattro andarono sulla sinistra mentre gli altri, seguendo Wayscraper, si disposero seguendo le pareti della biblioteca sulla destra.  Il mago smise di sfogliare il piccolo libricino, lo chiuse quindi si voltò verso di loro.  Roredrix si preparò al peggio, ma lo spettro, non vedendoli, tornò a concentrarsi sui tomi della sua libreria e, esattamente come pochi minuti prima, riattraversò la sala dirigendosi verso le scaffalature viste in precedenza.
Roredrix sorrise. Non aveno interrotto il ciclo.  Si voltò verso Ilaria ed annuì, poi lo spettro sollevò la mano destra e la porta alle loro spalle si chiuse e il chiavistello scattò.  Tre volte.
- Che gli ospiti siano i benvenuti. - disse senza voltarsi lo spettro, abbandonandosi ad una lunga e terribile risata liberatoria.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren