Autore Topic: Stelle Cadenti XX - 17: La tavola del destino (prima parte)  (Letto 1409 volte)

Sceiren

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Stelle Cadenti XX - 17: La tavola del destino (prima parte)
« il: Novembre 11, 2010, 08:44:10 pm »
E' passato molto tempo dall'ultimo post, ma del resto, quando si tratta coi "grandi" del nostro tempo, non è mai semplice essere alla loro altezza...

Auguro una buona lettura per il capitolo che apre il rush finale!!!



17
La tavola del destino


La missione era tutto. Viveva per le missioni che le venivano assegnate, ma quella, in particolare, rappresentava qualcosa di diverso: doveva raggiungere il contatto senza essere vista, come spesso le veniva ordinato, ma l’ironia stava nel fatto che in quella occasione le ombre dietro le quali avebbe dovuto nascondersi non sarebbero appartenute ad un luogo ostile, bensì alla sua stessa fortezza.  Doveva consegnare il plico direttamente nelle mani del reggente del laboratorio della Città Morta, in segreto.
Aveva così superato il portale dalla Città Aperta già occultata, senza emettere neppure un sospiro, alle spalle di un ignaro tauren che con la sua stazza era stato più utile come riparo che problematico come vedetta.  Una volta dall'altra parte, aveva eluso le guardie e si era mischiata al via vai di non-morti e orchi, fino a raggiungere la sua meta.  La prova più dura era stata superare le guardie del laboratorio, ma alla fine, come diceva il suo mentore, "non vi è nulla che il veleno giusto non sistemi rapidamente", ed infatti le due grosse guardie giacevano addormentate ai lati dell'ingresso. Ne avrebbero dovuto rispondere, ma quello non era affar suo: l'inefficienza andava punita e Serina non si poteva certo preoccupare delle conseguenze indirette delle sue azioni, quando la missione le avrebbe permesso di rivedere la Signora.
Superate le guardie era stato relativamente semplice attirare l'attenzione del maestro Faranell.  Dopo avergli consegnato il piccolo plico non aveva fatto altro che attendere. Due lunghi giorni. Prima di ricevere della ricompensa così a lungo agognata.
- Corriere. - la chiamò Faranell e con un gesto della sua mano scheletrica ed esangue la attirò a sè. Gli occhi bianchi del non-morto lampeggiavano di impazienza.
- Reggente. - rispose con malcelata irriverenza.
- Seguimi. Devi assistere per poter poi riferire a Lord Putress. - e non essendo necessario alcun commento da parte sua, le voltò le spalle per raggiungere una stanza ricavata nella roccia viva, in un lato del grande laboratorio.  Nella sala, sicura come sempre, la regina banshee osservava con un sorriso malvagio due gabbie: all'interno della prima un grosso orco ancora con l'armatura da combattimento. Un guerriero.  In quella di destra, un umano.  Alle spalle di Sylvanas, troneggiava la gigantesca figura di un demone: le ali da pipistrello violacee erano parzialmente ripiegate sulla schiena e periodicamente pulsavano, impazienti di aprirsi; i suoi occhi neri spiccavano in  orbite completamente rosse e completavano un viso spigoloso e austero.  Varimathras, braccia conserte, fissava in silenzio la scena con attenzione.
- Cosa vuoi farci!? - gridò l'umano afferrando le sbarre della cella con le mani.
L'orco invece, impettito, fissava truce Lady Sylvanas.
- Tu non temi la morte, orco? - disse seria la banshee al prigioniero.
- La morte? Possiamo metterci d'accordo! - l'uomo saltava come sui carboni ardenti strattonando le sbarre in futili tentativi di strapparle.
- Prega che muoia, o tu e i tuoi tirapiedi dovrete fare i conti con il clan dei Lupi dei ghiacci. -
Sylvanas sorrise sollevando una delle sue lunghe ciglia, tipiche degli elfi, quindi gli voltò le spalle, accogliendo con un secondo sorriso appena accennato Faranell e Serina.
- E' lei il corriere? - chiese al gran farmacista.
- Sì, mia signora. -
Serina si inginocchiò.  Avvertiva qualcosa, una sensazione dimenticata, legata alla sua vita precedente. Era timore.
- Alzati. - ordinò Lady Sylvanas.  Serina scattò sull'attenti e per un attimo i suoi occhi incrociarono quelli della sua signora, per poi precipitare al suolo.
- Hai eseguito gli ordini alla lettera non mancando però di ragionare fuori dagli schemi questo è esattamente quello che chiedo al mio seguito: eseguire con intelligenza. -
Serina sorrise a colei che l'aveva risvegliata ed annuì gonfia d'orgoglio.
- Finito qui, voglio vederti nei miei alloggi. -
- Sì, mia signora. - rispose atona Serina.  Quando Sylvanas si voltò verso le gabbie, solo allora, si abbandonò ad un sorriso carico di soddisfazione. Quella missione le stava dando più di quanto immaginasse.
- Molto bene, siete pronti? - chiese Sylvanas con tono che non dava spazio a repliche di alcun tipo.
- Naturalmente, mia signora. -
Sylvanas lasciò che Faranell la superasse e prendesse posto di fronte alle due gabbie.
L'uomo scattò all'indietro e iniziò a gridare in preda al terrore, l'orco rimase immobile.  Faranell si infilò le mani ossute nelle larghe tasche del suo abito nero e argento ed estrasse due fiale con un pulsante contenuto verdognolo.
- Hai provveduto a replicarlo? - chiese Sylvanas.
- Come da programma.  Resta solo da vederne l'effetto. - e scagliò una fiala ai piedi dell'orco ed un altra al centro della gabbia dell'umano.  Il liquido, al contatto dell'aria, cominciò a ribollire e si vaporizzò in pochi attimi in una nube tossica che avvolse i due prigionieri. 
Faranell osservava compiaciuto e, come sempre quando particolarmente concentrato, infilò le mani nelle tasche larghe del suo abito.
- A differenza della piaga precedente, questa lascia segni meno evidente sulla pelle delle cavie, mia signora, tuttavia ha concentrazioni più alte di veleno e zolfo, osservate come le pupille dell'orco si stanno dilatando.  Interessante, i tremori sono quasi spariti, eppure è evidente che le forze stiano venendo meno molto più velocemente del ceppo di due mesi fa. -
Sylvanas annuiva valutando ogni parola dello studioso, senza perdere di vista le due cavie ormai agonizzanti a terra in una pozza di sangue.
- L'emorragia però è più abbondante. - disse la Banshee.
- Sì, mia signora, è vero, è evidente che i capillari stiano collassando. -, poi prese due ampolle dal contenuto rosso sangue da una scaffalatura alle sue spalle e le appoggiò oltre le sbarre, una per gabbia, ben attento che l'orco non lo potesse agguantare.
- Bevete, se volete vivere un altro po'. - gridò Faranell per farsi sentire bene.
L'uomo si avventò sulla pozione e la mandò giù, l'orco si rimise in piedi appoggiandosi alle sbarre, fissò Sylvanas negli occhi e gridò:
- Per Thraal! - e dette un calcio all'ampolla scaraventandola contro la regina dei non-morti.  Sylvanas rimase immobile col suo sorriso immortale fissando l'orco a terra che si contorceva tra gli spasmi, ma l'ampolla, nonostante avesse superato indenne le sbarre della gabbia, non raggiunse la banshee perchè Serina, con un balzo, si era frapposta e con un colpo di pugnale, ne aveva deviato la traiettoria.
- Ben fatto, corriere. - disse Faranell prima di voltarsi verso l'umano.
La pozione guaritrice aveva avuto effetto, per essere precisi le pozioni avevano sempre effetto e questo era il limite della piaga: poteva essere fermata.  L'uomo si alzò in piedi tremante. Non perdeva più sangue dalle dita e dal naso come poco prima. 
- Per il Creatore, sono vivo! - esclamò tra le lacrime.  Il guerriero, voltandosi, incrociò l'orco ormai morente e comprese che il suo fato era solo rimandato, così si asciugò gli occhi con il gomito, scoprendo che le lacrime che piangeva erano di sangue. - Mio... dio..., mio dio!! -
Sylvanas sorrise e fissò l'uomo disperarsi e cadere a terra in preda a fitte ancora più furti delle precedenti che lo scotevano innaturalmente.  Gli occhi, fuori dalle orbite, erano completamente iniettati di sangue in sinistri e macabri pozzi vermigli. - Presto, un chierico! - ordinò Sylvanas.
Immediatamente un sacerdote intento a dosare delle polveri azzurre e verdi, mollò il tutto e si precipitò nella saletta degli esperimenti e raggiunto la reggente attese i suoi ordini.
- Presto, curalo! - quasi gridò Faranell indicando l'umano moribondo.
Il sacerdote pregò il Creatore quindi impose le mani ed un lampo di luce avvolse l'uomo.
Serina aveva visto morire decine, centinaia di esseri umani, ma non aveva mai assistito a nulla del genere: laddove la magia del sacerdote avrebbe dovuto avere i maggiori effetti, si aprirono senza preavviso delle piaghe profonde fino all'osso.  L'uomo lanciò un grido acuto, di un bambino, prima che anche la gola si squarciasse, lasciandolo senza aria per gli ultimi istanti del suo martirio.
- Stupefacente. - Faranell si strofinò le mani e si voltò verso la sua regina.
- Mia signora, ritengo che la piaga infine sia pronta. -
Sylvanas sorrise compiaciuta.
- Futuro. - disse e assorta in mille pensieri, voltò le spalle ai cadaveri e si avviò verso i suoi alloggi. Aveva un appuntamento al quale non poteva mancare, soprattutto non adesso.

* * *

Un tunnel buio.  Le pareti composte da una unica, enorme, lastra di roccia scura levigata a dovere, in modo che riflettesse la luce bianca in fondo al cunicolo.  I passi dei due uomini erano seguiti da  tonfi secchi e, moltiplicati dalle eco, si perdevano lontano, verso l'uscita lucente, sempre più vicina.
- Pensi che sia questo che si vede quando si sta per morire, Bolvar? -
- Non lo so, disse il guerriero accarezzandosi i baffi fulvi, sinceramente è qualcosa che ignoro e che intendo ignorare ancora per un po', Varian. -
I due guerrieri procedevano verso l'uscita l'uno accanto all'altro.  Re Varian Wrymm, signore di Stormwind e il suo fedele amico e reggente della città durante il periodo della sua assenza, Lord Bolvar Fordragon. 
Il re, appoggiata la mano sulla preziosa elsa della sua spada, si arrestò e si voltò verso l'amico.  La testa del leone sul pomello premeva contro suo palmo, come a sottolineare chi egli fosse.
- Se davvero è un tunnel con la luce in fondo che si vede quando si muore, scommetto che mio padre ha visto proprio qualcosa del genere e dall'altra parte, ad attenderlo, gli eroi di un tempo, come fratelli, pronti ad accoglierlo... ed invece noi cosa troveremo oltre la luce, Bolvar, chi troveremo noi due? L'Orco, e i suoi amici. -
Bolvar fissò la luce in fondo al cunicolo:
- A dire il vero, anche noi abbiamo i nostri amici, al di là della luce, Varian, amici che guardano a te. -
- Ah piantala!, e scacciò il solo pensiero con un gesto della mano, guardano a me... Spero che mio padre non guardi in questa direzione quest'oggi o si vergognerebbe di suo figlio. Non posso quasi credere di sedermi alla stessa tavola con lui. E' oltraggioso!-
Bolvar mise una mano sulla spalla del giovane re e lo fissò dritto negli occhi:
- Vedo che il sangue bollente di Lo'Gosh continua a scorrerti nelle vene, ma i tempi in cui tutto quello che dovevi chiedere a te stesso era rinfrescare il sullo ardente di Durotar col sangue del tuo avversario, soprattutto se orco, sono passati. Ora non sei un semplice gladiatore, ora il tuo nome è finalmente tornato quello dei tuoi padri, sei il re di Stormwind e che ti piaccia o no dal semplice contadino al tuo alleato più fedele tutti, nessuno escluso, guardiamo a te affinchè prenda, per quanto difficile, le giuste decisioni per il bene di tutti. - poi afferrò anche l'altra spalla e Bolvar, se possibile, divenne ancora più serio.
- Mio sire, durante la vostra assenza, mi sono preso l'onere di tenere insieme il vostro regno, impedendo che andasse in polvere il sogno di vostro padre e dei regnanti illuminati che hanno costruito la nostra capitale, il nostro regno, prima di lui.  Ho dato la mia vita al fine di poter avere la possibilità di restituire al mio re il regno che gli spettava di diritto governare.  Anche se molti mi davano del visionario o dell'ingegno, quel momento è infine arrivato e il mio re è tornato a sedere sul trono di Stormwind... lo stesso re che mi ha onorato quest'oggi nel volere me, un umile combattente, al suo fianco, il giorno in cui scriverà la storia.  Sì: Varian Wrynn, sovrano di Stormwind, quest'oggi cambierà la storia, grazie alla sua visione del futuro, una visione che ha superato le ostilità ancestrali e radicate da secoli, per il bene comune, la visione che mesi orsono ha permesso la prima tregua con l'Orda e che oggi, di fronte al male maggiore, lo vedrà seduto allo stesso tavolo con i nemici di un tempo ora, nonostante tutto, alleati. -
Varian annuì riflettendo sulle parole dell'amico, quindi si divincolò lentamente dalla presa di Bolvar e lanciò un'occhiata alla luce in fondo al corridoio.
- Su una cosa hai sicuramente ragione, vecchio mio, e si sistemò la coda di cavallo, i tempi di Lo'Gosh sono finiti... ma non sai quante volte ho fantasticato su trovarmi nell'arena di Durotar faccia a faccia con Thrall. -
- Immagino, mio signore. -
- Molto bene, direi di non perdere altro tempo. -
Con un sorriso sprezzante, re Varian riprese la sua marcia perdendosi nella luce abbagliante che avvolgeva la fine del cunicolo.

* * *

La tavola circolare occupava quasi tutta l'immensa sala che si apriva oltre il cunicolo.  Decine e decine di cilindri di roccia erano disposti tutto intorno.  La sala era come la tavola, semplice, essenziale, circolare ed immensa.  Oltre alla cinquantina di ospiti che avrebbero potuto prendere posto, almeno cinque o sei volte tanti avrebbero potuto assistere ai dibattimenti.
Difficilmente si era avventurato in grotte tanto profonde e dagli ambienti così vasti da ricordare i templi a cielo aperto delle sue amate colline, eppure, nonostante avrebbe giurato che, messo piede in quella sala, il senso di soffocamento che lo attanagliava sarebbe cresciuto, alla luce rassicurante del fascio di quella sorta di energia azzurra che dal soffitto scendeva fino al centro esatto della lastra perfettamente levigata, ogni malore disparve senza lasciare traccia, come le nubi scure spazzate vie dal più forte dei venti. Dissolte.  Baine lasciò correre i suoi occhi sul tavolo dove suo padre avrebbe discusso da lì a poco con i grandi del suo tempo e il petto gli si gonfiò di orgoglio: suo padre era davvero saggio. Un grande tauren. Il più grande tauren.
- Figlio mio, osserva, disse il gigantesco umanoide dalle sembianze taurine al giovane con voce penetrante e indicando l'alto soffitto per poi scendere verso la tavola circolare ed alla sua cinquantina di cilindri scuri sui quali presto avrebbero preso posto, questo luogo rappresenta la faccia nascosta di questa grande città, come la luna nuova segue la piena: pur sempre di luna, parliamo, ma se la prima illumina la via, la seconda ti cela le tracce e ti impedisce spesso di proseguire; eppure, forse, non canti anche durante la luna nuova la bellezza del creato? Certo che sì, così anche se questo luogo ti pare freddo ed austero, in realtà non puoi non avvertirne il calore e la benevolenza in esso permeati.  Infondo siamo qui per la sua volontà, non solo per la nostra. Questo luogo è accessibile solo a visitatori da lui voluti. -
- Padre, siamo qui perchè sei un grande tauren. -
Il reggente della città di Thunderbluff accarezzò le corna ricurve del figlio e scosse il capo lasciando ondeggiare oltre alla folta chioma nera, anche la treccia che raccoglieva la barba e le innumerevoli piume azzurre, simbolo del suo status che gli pendevano dalle orecchie.
- Devi ancora crescere, figlio mio: la grandezza si misura nelle azioni e nei pensieri, ma anche nel ruolo, nell'utilità, nella sofferenza, nel valore.  Sono grande, è vero, ma non sono forse grandi, nel senso che intendi, anche le querce secolari che sorreggono la nostra amata città?, non è forse grande la luna o il sole e la nostra di grandezza come la rapporti alla loro? Puoi forse dire che tuo padre è più grande della luna?  Certo che no, non potresti, poichè saresti in errore.  Quindi noi siamo qui perchè dobbiamo, perchè scegliamo di esserci e perchè è nostro compito farlo, per noi, per coloro che rappresentiamo e, in definitiva, posso dire con una punta di presunzione, anche per il creato. - e strizzò l'occhio al figlio il vecchio sciamano prima di guardarsi intorno e avvicinarsi alla posto che lo avrebbe ospitato, quando una voce alla sua destra attirò la sua attenzione:
- Onore a te a tutti i tuoi figli! - la voce gutturale e cavernosa di Thrall era inconfondibile.
Cairne Bloodhoof si voltò verso l'amico e allargò le braccia per accoglierlo fraternamente.
- Onore e gloria a te ed ai tuoi clan, signore della guerra!-
La pelle verde dell'orco spiccava sul pelo rossiccio del tauren.
- Quanto tempo? Sei mesi? Quanto!? Troppo comunque! -
- Non ha molta importanza adesso. -
- No infatti, tagliò corto l'orco lasciando l'abbraccio dell'amico e concentrando i suoi profondi occhi verdi sul giovane al suo fianco, Vedo che le lune passano veloci. Ricordo ancora quando eri poco più che l'avambraccio di tuo padre ed ora guardati: un giovane guerriero pronto a farsi un nome. -
- Grazie lord Thrall, le tue parole mi onorano. -
- E onorano me. Mio figlio impugnerà la mazza proprio quanto suo padre e come me, leggerà gli eventi del creato. -
L'orco scoppiò in una fragorosa risata portandosi le mani sui fianchi afferrando la sua cintura di acciaio culminante col simbolo del suo clan.
- Giovane Bloodhoof, se combatterai "poco" come tuo padre, dovremo tremare persino noi orchi! I tamburi di tuo padre echeggiano ancora persino nella sala degli eroi di Ogrimmar! - e scoppiò in un'altra fragorosa risata.
Gli occhi mobili del tauren lasciarono Thrall e fissarono il nano appena entrato da un altro cunicolo che dalla parte opposta portava nella medesima sala.
- Sarà meglio prendere posto. - disse con voce profonda, sedendosi alla sinistra dell'amico.

* * *


"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren