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Una visita inattesa
Pioveva. Come sopra così sotto la pioggia riempiva l'aria ora fredda come l'inverno. Sbuffi di vento incostanti e imprevedibli scuotevano le fronde di ogni albero, pianta e cespuglio, strappando tra gemiti e crepitii le foglie e i ramoscelli più fragili, più indifesi, meno riparati, sacrificabili. Mani gelide di un'amante spettrale avvolgevano la torre più esposta della struttura in un sudario in continua mutazione. La nebbia non era solita raggiungere la Città Aperta, ma quella notte nulla era usuale, nulla era comune, prevedibile, previsto, accettabile. Le guardie incuranti del freddo inaspettato continuavano le loro ronde, ma persino il coraggio incrollabile degli accoliti non restava inalterato di fronte a quello spettacolo. La natura avvertiva.
Gengiskhan si allontanò uno dei numerosi tentacoli dalla bocca e tossì. Odiava la pioggia quando portata da un vento del genere ed odiava la nebbia. L'oscurità poteva essere scacciata dalla luce, ma la nebbia... la nebbia, una ragnatela fittissima e immota di minacce. Una minaccia. Solo questo, sempre questo. Non la accettava. Così, stretta la sua lama, alzò gli occhi alle stelle celate dietro le nubi. Nessun conforto quella notte. Nessun compagno nella ronda.
Forme senza contorno nè chiarezza tormentavano il suo sonno. Un sentiero, un burrone. Muschio putrido e fredda pioggia. Morte.
Gli occhi della donna si posarono su di lui, ma non aveva che vuote orbite laddove sapeva dovevano esserci mobili pubille. Un gatto nero, un demonio dell'abisso con affilate fauci spalancate e colanti di bava e sangue. Erebus balzò nel letto.
Messaggio. Premonizione. Nulla di buono comunque.
Gli mancava Tillisha. Erano quelle notti le notti in cui persino un evocatore dell'abisso temeva per la profondità della disperazione che trovava dentro se stesso. Erebus si asciugò il sudore e si avvicinò alla finestra, scostò gli scuri e fissò ancora col fiato corto la nebbia che riempiva ogni centimetro del mondo di fuori. Non era a Shattrath quella notte, no, era dentro le sue paure... lo avvertiva... L'immagine della donna di poco prima gli si ripresentò di fronte, ma era sveglio ora... ed Erebus sapeva riconoscere, quando coscente, un sogno da un maleficio e tra le grigie mura della sua stanza in cima alla torre donatagli dagli Aldor, Erebus era consapevole che qualcuno lo stava puntando.
Chiuse gli occhi concentrandosi, ma l'immagine che aveva di fronte non svanì e anzi, più reale che mai, allungò una mano lunga ed affusolata verso la porta alle sue spalle. Unghie viola, dita sottili. Orbine sgranate, ma prive di occhi.
- Cieca, viola, mi indica la strada... -
Afferrò la brocca dal comodino ai lati del letto e si versò un bicchiere d'acqua. Si sentiva improvvisamente mancare l'aria.
Doveva uscire di là.
allungava una mano lunga ed affusolata verso la porta alle sue spalle. Unghie viola, dita sottili
Aprì col cuore in gola la porta. In quella torre doveva essere al sicuro. Nelle stanze poco lontano e nei piani inferiori riposavano decine di amici, guerrieiri, incantatori, avversari temibili, tuttavia la minaccia sconosciuta era assai più terribile del nemico rivelato.
Erebus attraversò il corridoio e si diresse alla sala riunioni, la sala che occupava tutto il lato Est dell'ultimo piano della torre. Non chiese aiuto a Selune che riposava poco più in là, bastava che allungasse la mano e bussasse alla sua porta, qualcosa glielo impediva.
Maleficio
Erebus entrò nella sala riunioni avvolta nelle tenebre e si chiuse la porta alle spalle. Le tende erano calate.
La luce improvvisa di un fulmine lampeggiò nella sala filtrando dalle tende evidentemente non sufficienti a ricacciarne la presenza e lo vide. Incappucciata, immobile, di spalle, fissava il nulla attraverso le tende serrate. Un mantello scuro come la notte, le mani strette dietro la schiena. Una candela si accese al centro del tavolo circolare.
- Ti aspettavo. -
- Lo so. - rispose gelido Erebus.
La figura scosse il capo e si abbassò il cappuccio rivelando fluenti capelli biondi e lunghe orecchie affusolate. Elfo.
- Non vi è notte migliore di questa per entrare nella Città delle Porte ed eludere i suoi stolti guardiani. Aborro questa mescolanza impura e innaturale. -
Quel timbro di voce era stranamente familiare. Erebus si avvicinò. Le ombre schizzarono improvvisamente come spaventate, quando l'ospite, voltandosi, fece ondeggiare il mantello facendo vacillare pericolosamente la fiamma della candela.
I suoi occhi d'oro brillarono nella notte.
- Leryda? - sussurrò Erebus strabuzzando gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco la figura, incredulo di quanto aveva egli stesso detto.
- Arcimago, evocatore. -
- Io, noi tutti ti credevamo... -
- Morta? Dici il vero, talvolta occorre sfumarsi nella nebbia per tornare a brillare, umano. Non sono comunque qui per filosofeggiare con te, sono qui perchè mi è stato ordinato. -
Erebus allontanò una sedia dal tavolo e si sedette lentamente.
- Ordinato? -
L'alta elfa sorrise e si avvicinò lentamente al suo interlocutore.
- Sai perchè la nostra organizzazione è ancora così potente nonostante tutti ci credino morti, evocatore?, perchè non mettiamo MAI in discussione la catena di comando e i nostri valori. L'Occhio Viola è sempre presente, Erebus, e tu come gli altri che si fregiano di aver reso a noi servigi dovresti conoscere questo assioma. Anzi, e sorrise di nuovo, tu ancor meglio mi molti altri tuoi pari dovresti sapere perchè tra tanti proprio qui sono questa notte. -
Erebus trovò la sedia incredibilmente scomoda.
- Eri tu nella mia testa, poco fa. -
- Arguto quasi come le bestie che ti porti appresso... - lo schernì l'elfa.
- Che tu non approvi i miei alleati non è mai stato un mistero, ma non puoi venire qui nel cuore della notte, in casa mia... -
- Casa tua? Casa tua?! - e si chinò quasi fino a sfiorare il naso di Erebus col suo. I suoi occhi lampeggiarono come i fulmini che imperversavano fuori.
- Non dimenticare MAI grazie a chi tu sei qui oggi. Sapevi che questo giorno sarebbe giunto, umano, ed ora che siamo qui, tu ed io, il passato ed il presente, le scelte che prenderai non potranno che essere riflesso delle decisioni che l'Occhio Viola ha preso per te. Sapevi che prima o poi avresti dovuto ripagare il favore o forse avevi coltivato nel tuo cuore segretamente l'idea che avessi dimenticato? Noi elfi non dimentichiamo, Erebus, e faresti meglio a racimolare quel che resta del tuo onore e fare ciò che ti dico, se ci tieni a quel che hai messo da parte in questi anni, se non vuoi che la tua vita, i tuoi... affetti, diventino un inutile cumulo di cenere spazzato via dall'uragano che potrei scatenarti contro semplicemente chiedendo indietro quanto ho già dato. - L'alta elfa si allontanò tornando a fissare la finestra, come se vedesse attraverso la tenda.
- Tu organizzerai una squadra. Partirai tra tre giorni e ti recherai con i tuoi alla Torre d'Avorio e una volta dentro, mi porterai l'oggetto che mi occorre. Fatto questo, il tuo debito con noi sarà saldato. -
L'elfa si voltò verso Erebus.
- Nessuno a parte te dovrà sapere della missione, della vera missione, evocatore. Come dovresti sapere, il mio gruppo non ama la notorietà e pertanto tu, agente dell'Occhio Viola, come noi, agirai nell'ombra. Inventerai quanto necessario per raggiungere i nostri comuni scopi e una volta preso l'oggetto lo custodirai personalmente. Prenderemo contatto con te a missione ultimata.-
- Non mi basta. -
L'elfa sgranò gli occhi per un attimo, poi tornò impassibile e rimase in attesa. -
- Non mi basta. Ancora non mi hai detto perchè sei qui da me. Potreste tranquillamente entrare voi nella Torre e prendere questo "oggetto" senza correre il rischio che un povero umano fallisca e rivelasse, per esempio, a coloro che vi credono scomparsi la vostra esistenza... perchè correte questo rischio? Perchè io? -
L'arcimaga allungò l'indice affusolato della mano destra e lo posò sulle sue labbra color miele. Un lampo attraversò i suoi occhi lucenti quindi annuì.
- Cedric ha visto bene. Non sei poi così prevedibile. Ero pronta ad una tua... domanda in tal senso, umano. -
- Cosa cercate e perchè io, Leryda? -
- Arcimaga. Per prima cosa perchè tu. Per due semplici ragioni: primo, non tradiresti l'Alleanza di cui da anni fai parte e, secondo, perchè, come ho detto, sei in debito e questo rafforza il tuo legame, a mio avviso. -
- L'Alleanza? -
- Sono dettagli che al momento non ti riguardano. Passiamo ora a cosa tu prenderai per noi. - e sorridendo si avvicinò all'evocatore sussurrandogli all'orecchio la risposta al primo quesito a lei posto.
Dedicato a Rino: sono certo riconoscerai l'omaggio di apertura del paragrafo ^^