Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)  (Letto 2166 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
  • Epico
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
Dedicato ad Uthanator che mi ha spinto a tempo di record a completare la seconda parte di questo capitolo! Da mago a mago. Un regalo per te!

32
Il volto della bestia (II)

Alternava corse furibonde ed apparentemente senza meta, cambiando direzione improvvisamente, schiacciandosi al suolo per poi balzare sui rami come una scimmia, a pause improvvise in cui restava imbambolata al centro di una radura, o rannicchiata dietro un cespuglio. Non era evidentemente legato allo sforzo fisico perché le pause che prendeva non avevano alcuna correlazione con i balzi o il tempo in cui correva senza sosta. 
Lòre colse l’occasione per bere un po’ d’acqua, quindi, riposta la borraccia nel piccolo zaino che portava sempre con sé, si appoggiò ad un albero per riprendere fiato.
- Di certo smaltirò il pranzo della festa di mezza estate di sei anni fa di questo passo. –
- Come? – chiese ansimando Dyanor.
- Credo si riferisca al peso che non ha più perso da quella cena. Non farmela ricordare o penso che mi dovrete lasciare qui… - precisò Zigho che, appoggiate la mani sulle ginocchia, sempre fissando Uranias, cercava di recuperare.
- Davvero non ricordatemela. – aggiunse Nadìr.
- Ma se tu hai brucato solo erba! – puntualizzò Lòre.
- Tanta, troppa erba. –
- Guardate! – li zittì Zigho.
La druida aveva preso a guardarsi intorno estasiata.
- Forse… ci siamo… - sussurrò Dyanor nascondendosi nelle ombre di una grossa quercia e riafferrando i pugnali.
Anche Zigho e Nadìr sparirono nel sottobosco, mentre Lòre si arrampicò silenzioso come un gatto e si preparò al peggio.  Amava i vantaggi tattici.
Il tempo passò senza che nulla accadesse, fino a quando grida strazianti non echeggiarono in lontananza.
Il mezz’elfo si umettò le labbra, mentre fece appello a tutta la sua esperienza per mantenere il controllo.  Erano semplicemente strazianti.

* * *

Selune bloccò la compagnia ed ordinò di mettersi, per quanto possibile, in assetto di difesa. Curatori e esperti di magia vennero circondati da maestri d’armi e paladini.
Dopo una pausa, le grida ripresero, poi un boato, come una esplosione.
- Erebus? – sussurrò Selune.
- Ci penso io. – l’evocatore pronunciò nella incomprensibile lingua dell’abisso una formula arcana e dalla terra emerse un sinistro bulbo oculare senza palpebre.  Le vene rossicce pulsavano ritmicamente.  L’occhio rimase sospeso per qualche istante, mentre il suo creatore, con gli occhi rivolati all’indietro, continuava a salmodiare.  Infine, sempre in trance, chiese ad Ilaria di fare levitare l’evocazione.  La sacerdotessa pregò il Creatore di darle potere e il Creatore evidentemente accolse la sua supplica. L’occhio, irradiato di una tenue luce dorata, iniziò a sollevarsi fino a sparire tra le fronte.  Erebus muoveva il capo come se stesse seguendo qualcosa, una linea immaginaria, infine iniziò disse di vedere una colonna di fumo a Nord-Nord Est.
Le grida erano cessate.
Selune si tolse l’elmo e si asciugò il sudore dalla fronte.
- I Requiem. – sussurrò.
- E’ possibile che abbiano incontrato la creatura prima di noi. – disse Ilaria guardando negli occhi Selune.
- Probabile.  Sceiren, voglio accorciare la distanza con l’avanscoperta di Nadìr.  –
- Ci penso io. – rispose l’ufficiale.
Impartiti gli ordini e recuperato Erebus, i Templari Neri ripresero la propria marcia.
* * *

Le urla portate dal vento erano cessate improvvisamente ed ora regnava una quiete sinistra e terribile.  L’elfa si era voltata verso Nord e dopo ancora un minuto di pausa, aveva ripreso a correre indiavolata.  Dietro di lei l’avanguardia dei Templari Neri.  Nessuno dei quattro, seppure non avevano avuto modo di confrontarsi sull’argomento, nessuno aveva dubbio alcuno su quanto accaduto e su quanto stava per succedere: la confraternita dei Requiem aveva incontrato la bestia… e non avevano avuto successo.  Per un attimo Lòre aveva pensato che forse Uranias stesse correndo in soccorso del suo aguzzino, ma aveva subito scartato quella possibilità usando la logica: se Uranias aveva ripreso a correre solo al termine delle urla e, quindi, della battaglia, era plausibile pensare che stesse andando incontro alla creature, piuttosto che correre in suo soccorso, altrimenti avrebbe cercato di raggiungerla prima, invece di fermarsi proprio durante lo scontro.
L’elfa si fermò per l’ennesima volta, quasi sparendo nascosta dal fitto sottobosco.
Dyanor raggiunse Zigho, seguito da Nadìr e Lòre.
- Mi chiedevo: cosa accadrà se raggiunta la bestia, i nostri tarderanno ad arrivare? –
La domanda di Lòre giunse inattesa, come uno schiaffo da chi non ti aspetti.
- Faremo quanto necessario. – fu la risposta di Nadìr.  Poi l’inseguimento riprese.

* * *

- La traccia si muove. Sono ripartiti. – Zaltar non aveva mosso un passo da quando gli inseguitori erano spariti nel bosco.  Aveva affibbiato su ciascuno di loro una traccia arcana e la stava seguendo con un incantesimo di individuazione del magico che manteneva attivo costantemente. Per impedire che la marcia intaccasse la concentrazione, col rischio di perdere la traccia, July lo aveva fatto levitare e, dall’inizio della missione, era stato letteralmente trascinato da Wintate, che lo trainava grazie ad una corda assicurata alla vita, e stabilizzato da Shockwave.  La scelta dei due non era casuale: il primo avrebbe protetto il mago incassando, il secondo al peggio curandolo.
- Quanto dall’avanguardia? – chiese Selune.
- Meno di dieci minuti con questo passo. –
Troppo. 
- Aumentiamo il passo! – ordinò Selune.

* * *

Lunghe ombre si distendevano dai rami degli alberi che, alti sopra le loro teste, oscuravano quel poco di luce che rimaneva prima delle tenebre.  Nel bosco in effetti la penombra era costante perché anche nelle ore di luce del pomeriggio, poco o nulla filtrava direttamente dalle alte fronde. 
Considerato che, secondo la ricostruzione di Dyanor, la creatura prediligeva le ombre, si spiegava il perché attirasse le sue vittime in quei luoghi.  La corsa di Uranias era rallentata, evidentemente per quanto frenetica fosse la sua ricerca della creatura, il fisico iniziava a cedere.  In più occasioni, durante le soste, soprattutto nell’ultima mezz’ora, era apparsa esausta, distrutta, sul punto di cadere stremata, ma poi aveva ripreso la fuga.
Uranias inciampò e rotolò tre, quattro volte prima di fermarsi.  I quattro si nascosero subito, cogliendo l’occasione per recuperare. 
Lòre era sul punto di soccorrerla: era piena di ferite su tutto il corpo, sanguinava per i tagli procurati durante la corsa, era sul punto di capitolare.  Poi, senza preavviso, Uranias scattò in piedi, come una molla, rimanendo immobile.  Sorrideva.  Si guardava intorno come drogata, con lo sguardo assente.  Muoveva le labbra sanguinanti, come se stesse parlando, ma senza alcun suono però.
Dyanor sentì il sudore colargli lungo il collo: era il momento.  Lanciò un’occhiata a Lòre, intento a intingere in una boccetta di veleno le punte dei suoi pugnali.  Zigho e Nadìr erano spariti, ma era certo che stessero coprendo il perimetro.   Avrebbero dovuto fronteggiarla da soli fino all’arrivo dei rinforzi. Dyanor non dubitava di riuscire a resistere per il tempo necessario, quello che temeva era di non essere al contempo in grado di proteggere Uranias dalla bestia…
I rami alla sua destra scricchiolarono.  La spia, si appiattì al tronco quando un’ombra scura saettò da un ramo all’altro sparendo poco dopo dalla sua vista.  L’elfa era ancora al suo posto, ma dell’ombra nessuna traccia.  Li aveva superati.

* * *

Silenziosa e muovendosi di albero in albero, Silvèr precedeva il veterano guerriero che apriva la fila di qualche metro.  L’elfa, a discapito di parte della propria copertura, faceva in modo di essere sempre visibile da Roredrix che la seguiva poco dietro, in modo da poterlo avvertire di eventuali pericoli.  Di fianco a Roredrix, Utet, poi via via tutti gli altri.  Chiudeva il gruppo Kimmolauz che, esattamente come la cacciatrice a inizio colonna, teneva d’occhio le retrovie.  La creatura poteva spuntare alle loro spalle e non era pensabile l’essere presi dalla sprovvista.  Inoltre, Selune aveva precisato, erano pur sempre in territorio nemico ed in zona di guerra. La minaccia poteva arrivare inattesa e di tutt’altra natura.
Silvèr si acquattò, lanciò un’occhiata a destra e sinistra, e con rapide falcate scomparve dietro un tronco cavo ricoperto di muschio.  Fiutò l’aria e riprese a correre.  Di tanto in tanto lanciava occhiate a Roredrix il quale a sua volta riceveva la direzione da seguire da altri alle sue spalle.  Il sistema permetteva a Zaltar di dirigere il gruppo, senza rallentamenti di sorta. In alcune occasioni, però, avevano dovuto aggirare ostacoli insormontabili come massi o gruppi di alberi troppi folti per essere semplicemente attraversati.  I Templari Neri dilagavano, marciando verso l’avanguardia al comando di Nadìr e Dyanor, senza sosta e senza alcun problema, fino a quando Silvèr non alzò la mano, ordinando di fatto la sosta immediata. 
A cascata, prima Roredrix, poi Ilaria che lo seguiva e poi il resto della confraternita si fermò.
L’elfa scomparve completamente nelle ombre e stando bene attenta a non fare il minimo rumore, si avvicinò alla figura tremante distesa al suolo.
Roredrix e Utet, dal canto loro, si allargarono sul lato opposto, avvicinandosi a loro volta.
Gli abiti scuri erano strappati in più punti ed erano stranamente familiari.  I due guerrieri si avvicinarono ancora e sapevano che, dalla parte opposta, la cacciatrice non doveva essere lontana.
Il veterano dette ordini ad Utet di avvicinarsi da destra, mentre lui avrebbe raggiunto la figura frontalmente. Sulla sinistra Silvèr avrebbe sicuramente dato copertura.  Il tutto muovendo rapidamente la mano, in un linguaggio dei segni tipico dei Combattenti del Leone.
Utet sorrise sprezzante. Del resto era l’elite, non aveva bisogno di altro che di un ordine per mostrare il proprio valore! 
Era sicuramente una guaritrice, una delle guaritrici del campo, almeno la larga veste marrone era proprio una delle loro.  Il giovane guerriero decise di mostrarsi e, lasciato il cespuglio che lo celava, si alzò in piedi e si avvicinò alla figura tremante.
- Calma. – disse allungando la mano sinistra protetta dal guanto di acciaio.  – E’ finita, sei al sicuro ora. –
La figura tremava come una foglia e gemeva.  L’abito scuro era sollevato da una pronunciata gobba, il volto era schiacciato al suolo e i capelli scuri erano intrisi di sangue e sporchi di terra.  Le mani erano schiacciate sotto al petto e le gambe rannicchiate. 
Roredrix non aveva lasciato la copertura così come Silvèr.  Il guerriero imprecò quando Utet si rivelò. Non erano i suoi ordini quelli.
- Calma, avanti, ora alzati… sei al sicuro con me. - chiese il guerriero attingendo a tutto il suo charme.  La mano sfiorò la spalla e subito la guaritrice si tranquillizzò, smettendo di tremare.
- Sei tu che non sei al sicuro… - sibilò acuta.  Da sotto la veste una mano bianco latte, culminante con lunghe unghie affilate afferrò quella di Utet, perforando il metallo dell’armatura ed affondando nella carne. Utet strabuzzò gli occhi fissando il sangue caldo che iniziò a macchiare il terreno e spalancò la bocca.  Inspirò, sembrò sul punto di urlare, ma non riuscì ad emettere nulla se non un vagito.  Una freccia circondata da un’aura azzurrina si conficcò nel sulla schiena della figura, mentre una seconda venne fatta in mille pezzi perché la veste sopra la gobba venne squarciata da due enormi ali color cenere da pipistrello che, aprendosi, protessero la creatura.  Sotto la veste scura, abiti vermigli tempestati da smeraldi rilucenti e cinture fibbie dorate che percorrevano il corpo di quella che sembrava un’elfa di un qualche tipo.
La creatura si mise in piedi, sollevando Utet da terra che, come un pesce all’amo, si divincolava colpendo l’artiglio del nemico con tutte le sue forze per cercare di liberarsi.
- Mortale, hai preso una decisione tutt’altro che saggia! – disse sensuale, prima di afferrarlo anche con l’altra mano per il collo e scagliarlo senza alcuno sforzo lontano da sé.  Il guerriero si schiantò contro il tronco di un albero, facendolo a pezzi, poi un secondo, infine cadde al suolo, rimanendo immobile a terra in una pozza di sangue.
Una salva di frecce tempestò la creatura, raggiungendola al braccio e al petto. Urlò.  Piegò le ali verso il basso, ma Roredrix, attingendo a tutta l’ira che sentiva sgorgare nelle vene scatenata dalla vista dell’amico a terra, urlò:
- Abominio, non fuggire, codarda! Sei mia!!! –
La creatura si voltò furente verso di lui preparandosi all’impatto.  Roredrix, dietro al suo scudo, gridando di rabbia, si scagliò contro di lei, poi calò Thunderfury e una serie di mulinelli circondarono l’avversaria, impedendole di fuggire, ma non di urlare al cielo la sua minaccia:
 - Sangue!! -

* * *

Uranias si voltò di scatto.  Era come se fosse stata schiaffeggiata da quel grido incomprensibile, almeno incomprensibile per tutti tranne che per lei: fissava con gli occhi lucidi qualcosa nella direzione opposta da quella in cui era arrivata.  Piangendo iniziò a correre proprio verso i quattro.
- Che sta succedendo?! – ebbe il tempo di dire Nadìr, prima di essere raggiunta e superata dall’elfa.  I tre ripresero a seguirla, ma la persero di vista poco dopo, quando, cambiata forma in pantera, Uranias scomparve nel sottobosco.

* * *

- Abbattete gli alberi! – urlò Selune voltandosi indietro, quindi fermò la sua corsa, piantò la spada a terra e benedisse il terreno. 
Sceiren sapeva che sarebbe accaduto: con riluttanza, afferrò il tomo e lo aprì, quindi estrasse il pugnale dal fodero e gridando di stare lontani, iniziò a salmodiare un lungo incantesimo.  Accanto a lui, Zaltar e Seilune, entrambi consapevoli di quanto stava per fare il mago, a loro volta si prepararono per completare il lavoro: il primo a sua volta iniziò una lunga formula magica attingendo al potere del proprio bastone incantato, la seconda avvicinò le mani per lanciare le proprie contromisure.  Sui fianchi, tutti gli altri, pronti ad intervenire.
Sceiren distese le braccia puntando il tomo e il pugnale nella direzione indicata da Selune: la lama del pugnale si arroventò e le pagine del tomo presero fuoco superficialmente, come se le fiamme scivolassero su di esse.  Una sfera di fuoco sempre più grande comparve sospesa a mezz’aria e sfrigolando si gonfiò fino a raggiungere le dimensioni della testa di un uomo, infine, quando il mago completò l’incantesimo, con un boato si scagliò contro la figura, impattando con alberi e roccia, mandando tutto in fiamme in una pioggia di schegge incandescenti fino ad esplodere poco prima di raggiungere i combattenti.  Gli alberi abbattuti caddero in ogni direzione. Clarisian, Chesterum e Gaius crearono delle barriere protettive su tutto il gruppo per evitare di essere schiacciati.  Seilune lanciò dei coni di gelo che spensero istantaneamente le fiamme nelle vicinanze, mentre Zaltar, completato il sortilegio, fece piovere acqua e ghiaccio sull’area del combattimento.  Il campo era sgombro: devastazione, cenere e ghiaccio separavano i Templari Neri dalla creatura avvolta dai turbini di vento scatenati da Roredrix.
* * *

Fu la carica: Wintate, Bryger, Hytujaram e Shockwave attaccarono all’unisono: i guerrieri pronti per colpire, i paladini per dare protezione.  Di fianco July raggiunse ansimante Utet.  Non respirava.  Aveva enormi schegge di legno praticamente ovunque.  Era in una pozza di sangue.
- Ho bisogno di aiuto! – urlò.  Poi iniziò a pregare il Creatore con tutto se stesso, lo pregò di fermare il sangue, almeno quello.  L’aura dorata che circondò il guerriero mostrò che il Creatore era favorevole alla preghiera.
Whitescar raggiunse il nano e valutò rapidamente la situazione.  Si sentì bruciare gli occhi.  Sapeva che anche July aveva fatto la stessa analisi e sapeva che non vi era preghiera per impedire l’inevitabile.  Ciò nonostante, scacciò il timore e iniziò a pregare, mentre decine di dardi ghiacciati le sibilarono sulla testa.
Zaltar e Seilune erano passati all’attacco: il primo con globi gelidi, il secondo con lance acuminate di ghiaccio.  L’assalto raggiunse la creatura alle ali, appesantendole notevolmente. 
Erebus e lo gnomo nero intanto avevano superato il “corridoio” aperto dai maghi e si erano appostati sul lato settentrionale: aveva campo libero ed avevano il tempo necessario per le evocazioni: dal portale dell’abisso aperto da Erebus emersero prima due tentacoli culminanti, poi una serie di lunghi aculei neri come la pece.  Con un balzo demone predatore emerse in tutta la sua orrenda forma aprendo le fauci dentate e sbattendo gli zoccoli a terra.  Erebus lo fissò truce e il demone si schiacciò a terra come il più docile dei cuccioli.  Subito accanto, dal secondo cerchio, emerse prima l’arma e poi il suo possessore: un gigante in armatura armato di lancia.  Un demone guardiano.
I due evocatori ordinarono ai rispettivi seguaci di attaccare.  Non aspettavano altro: la guarda cominciò a roteare la sua alabarda falciando tutto quello che gli passava davanti, mentre il cacciatore, superato l’altro demone, di avventò sulla preda, circondandole la vita coi viticci in cima ai tentacoli e aprendo le fauci per serrarle sulla coscia, quando una pantera emerse dalla vegetazione, travolgendo il demone in una nuvola di neve e polvere.
Fu una questione di attimi: poco prima che i guerrieri la raggiungessero, la creatura, spiccò un salto verso l’alto, schiacciando la ali al suolo e scrollandosi di dosso il ghiaccio accumulato.
I guerrieri trovarono la polvere e impattarono contro Roredrix, a sua volta sbilanciato, mentre la guardia demoniaca lanciò la propria arma verso l’alto, sfiorando la bestia.
- Sciocchi! – rise, ma per poco: Lòre e Dyanor erano su di lei.  Da sopra due rami i due spiccarono un balzo e piantarono i pugnali ciascuno su di un’ala.  La creatura descrisse una piroetta, cercando di farli cadere, ma le lame dei pugnali erano in profondità.
- Adesso!! – urlò Dyanor.
Zigho e Nadìr scoccarono delle strane frecce dalla punta rotonda e tozza che all’impatto esplosero in una nube bianchiccia.  Al contatto con i tre, la sostanza contenuta nelle punte dei dardi dei cacciatori, si solidificò in una coltre di ghiaccio, quasi istantaneamente, complice anche la temperatura.  Bloccando i movimenti.  Dyanor e Lòre gridarono di dolore, quando la morsa del gelo li raggiunse, ma non mollarono al presa, anche quando la creatura cadde al suolo rovinosamente.

* * *

Le due bestie si mordevano a vicenda, si graffiavano, cercavano di divincolarsi, senza sosta. Rexyna, Voa ed Araton raggiunsero Erebus ed lo gnomo nero:
- Dovete cacciare quel demone! Quella è mia moglie!, supplicò disperato Rexyna, non resisterà ancora a lungo! –
- Erebus, lascia fare a me, richiama la bestia! – aggiunse il guerriero.
L’evocatore non era convinto che fosse la soluzione migliore, ma non dovette decidere nulla, perché con un balzo innaturale, la pantera ruotò su se stessa, sempre stringendo tra le zanne il collo del demone, troncandolo di netto e lasciandolo a terra scosso da riflessi nervosi incontrollati.
- Ci penso io ora. – disse Voa afferrando lo scudo e riponendo la spada nel fodero.
- Aspetta, vengo con te. – disse Tenakah che intanto era arrivato con Gaius.
- Andiamo! – disse Voa, poi attinse alla sua rabbia e come Tenakah attirò l’attenzione della pantera, che non potè non voltarsi e scegliere di aggredirlo.  Con un salto gli fu addosso.

* * *

Ilaria e Lùce pregarono rispettivamente per Lòre e Dyanor quando assieme alla creatura, trovarono il suolo, mentre Clarisian li avvolse in uno scudo che impedì che l’impatto facesse più danno.  Lo scudo però protesse anche l’avversaria, che sfruttata la posizione favorevole, si divincolò dal primo, schiacciandolo al suolo e si avventò sul secondo.
- Giusto un assaggio! Mmmm – sibilò con un tono così suadente che Dyanor ne rimase ammaliato.  Lasciò la presa ai pugnali e non potè opporsi: la creatura affondò i suoi lunghi denti affilati nel braccio della spia.

* * *

Si fece rosso: non vedeva più nulla.  Era perso in un mondo silenzioso e oscuro di silenzio, avvolto in un telo vermiglio.  Solo quella voce nella testa, la voce di sua madre che supplicava, che lo pregava di proteggerla. Non voleva morire.
Dyanor pianse: come poteva lasciare morire sua madre? La donna che lo aveva messo al mondo?  Sua madre era bella come una regina e la regina gli chiedeva aiuto.  Si sentiva invincibile, carico della forza dell’amore che nutriva per lei. Avrebbe sparso sangue per lei, per la regina che gli chiedeva soltanto di essere soccorsa. 
Sgranò gli occhi iniettati di sangue, quindi si voltò verso Wintate intercettando la sua spada: con una velocità straordinaria, unita alla propria agilità, afferrò l’elsa, deviò il colpo e strappò l’arma di mano al guerriero.  Continuando la sua danza di battaglia, descrisse un arco deviando la spada di Hytujaram con una forza tale da farlo cadere addosso a Bryger.  Quindi con un calcio allontanò Roredrix e si mise di fronte alla sua padrona. Fissando spiritato Shockwave.
- Sangue… - disse.
- Sangue, rispose lui. –

* * *

Voa colpì con lo scudo la pantera alla testa una, due, tre volte, mentre Tenakah le bloccava le zampe anteriori e Gaius rimarginava le ferite ai tre.  Araton diresse la guardia deminiaca contro Dyanor, doveva in qualche modo attirarlo, mentre Rexyna stava piantando nel terreno un colorato totem, estratto dallo zaino.
All’ennesimo colpo la pantera parve stordina: in uno spasmo, le forme allungate del felino si contrassero e lentamente tornarono a quelle dell’elfa. 
- Via di qua! – gridò Voa che, afferrata Uranias incosciente, iniziò a correre nel profondo del bosco seguito da Tenakah e poi da Araton e Gaius.  Rexyna afferrò della terra dal suolo e la lasciò cadere.  Il totem assunse il colore della pietra e brillò. 
- Questo ci darà margine - , pensò, quindi prese a seguire il gruppo al quale era stato assegnato.

* * *

- Dobbiamo fermare l’ufficiale. – tuonò Gengiskhan ad Erebus.  Il comandante dei Templari Neri stava valutando la situazione: la creatura sembrava impossibilitata a volare, anche se non faceva altro che provare a farlo e Dyanor era un problema: non potevano abbatterla senza abbattere prima lui.  I maghi erano occupati e comunque non sufficientemente vicini per paralizzare la spia… e Gengiskhan.  Sapeva dove voleva arrivare, ma non aveva molta fiducia nei rituali sciamanici, specie se rivolti ad uno dei suoi.
- Sei sicuro di poterci riuscire? – chiese lo gnomo fissando Dyanor che teneva testa alla guardia demoniaca e intanto teneva a distanza i guerrieri, non sicuri su come procedere.
Il gigantesco draeneo non perse tempo e afferrata la collana di perle che teneva al collo con entrambe le mani, iniziò a cantilenare una nenia dal sapore ancestrale.

* * *

- Stiamo guadagnando terreno! – gridò Rexyna che aveva raggiunto il resto del gruppo.
- Ho rischiato di inciampare già tre volte… in momenti come questi vorrei anche io avere gli zoccoli come te! – disse Gaius saltando l’ennesima radice.
- Dobbiamo tornare al campo. – tagliò corto Voa.
- Aspettate, aspettate! Fermatevi un attimo! – Araton mise la mano sulla spalla di Voa per forzarlo a fermarsi.
- Ma che ti prende sei matto!? – gli disse il guerriero, posando a terra l’elfa ancora incosciente e asciugandosi il sudore dalla fronte.
- Che succede?, chiese Tenakah, Non dobbiamo fermarci! –
Araton non ascoltò nessuno dei quattro: afferrò dallo zaino dei legacci e assicurò mani e piedi dell’elfa.  Poi afferrò una benda, la piegò tre volte e la passò tra le labbra di Uranias, legandola saldamente dietro la nuca.
- Evitiamo di farci mordere… - disse asciutto l’evocatore.
- Ottima iniziativa. – rispose Voa prima di rimettersi in marcia.

* * *

Dyanor aveva abbattuto il demone evocato dallo gnomo nero con un preciso fendente che aveva letteralmente tagliato in due la guardia.  La forza dell’ufficiale dei Templari Neri sembrava aumentare ogni secondo che passava così come la sua velocità.  La creatura sembrava quasi divertita e lasciava che il suo protettore agisse contro il nemico. Si preoccupava solo di chiudere le ali quando arrivavano incantesimi rivolti contro di lei, ma sembrava attendere.   Dyanor si rivolse ancora contro Roredrix e deviò due, tre volte i suoi colpi, quindi si parò di fronte a Hytujaram e poi nuovamente su Wintate che aveva afferrato una spada lunga e cercava un varco nella difesa dell’ufficiale.  Bryger si passava la “Mano di Ragnaros” da una mano all’altra, alla ricerca di un varco nella difesa del compagno.
In groppa al suo destriero infernale, Albina si era avvicinata ad Erebus.
- Se non lo fai tu, lo farò io. Stiamo rischiando con la tua incapacità di decidere l’ovvio. – lo minacciò.
- Torna in te! Dyanor! Torna in te! – gridava Roredrix, ma non lo riconosceva. Infine, con la coda dell’occhio, l’assassino vide Lòre.  Il compagno si era liberato dalla presa e aveva guadagnato il riparo.  Aveva quindi studiato i movimenti dei due e aveva scelto il momento di agire: Dyanor era impegnato contro Wintate e Bryger, la creatura non lo poteva vedere perché coperta dalle sue stesse ali per proteggersi dagli incantesimi dei maghi.  Aveva così afferrato i suoi pugnali e a rapidi passi si preparava a colpirla alle spalle.
La spia però lo aveva visto arrivare: con un balzo incredibile fece una capriola sopra la testa della sua padrona e piombò di fronte al compagno proprio quando questi allungò i pugnali contro il mostro.  Invece di deviare i colpi, non avendo il tempo di farlo, scelse un attacco assolutamente inatteso e che, per questo, ebbe successo: morse tra il collo e la spalla Lòre, poco prima di scomparire in una nuvola azzurrina.

* * *

Lòre si portò le mani al collo in preda a fitte di dolore lancinanti.  Cadde a terra mentre le cure dei guaritori gli rimarginavano la ferita che, però, si riapriva continuamente.  La creatura fissò il mezz’elfo, quindi ordinò di attaccare.  Lòre si sentì ardere gli occhi, quindi non vide altro che la sua regina.  Armato di tutto punto, urlando di dolore e rabbia, evitò Hytujaram e si avventò contro Ilaria, mentre la creatura spiccò il volo.

* * *

- Voa, ti prego… aspetta… - Gaius era stremato.  Non si erano fermati un attimo da quando avevano recuperato l’elfa.
Il guerriero rallentò la corsa, quindi fece come richiesto.  Del resto avevano coperto un bel po’ di strada. 
- Come pensi stia andando ai nostri? – chiese Araton al guerriero.
Voa afferrò una costosa pipa intarsiata da un alloggiamento ricavato nell’armatura e iniziò a fumare.
- Non saprei. –
Rexyna si chinò su Uranias. Respirava a fatica.  Le curò con un incantesimo parte delle escoriazioni che si era procurata nella corsa a inizio missione e le baciò la fronte.
- Ti riprenderai, vedrai. - sussurrò
Gaius bevve un po’ d’acqua ed a sua volta si avvicinò all’elfa.
- E’ estremamente sollecitata.  Speriamo non si risvegli prima del nostro rientro o saranno guai. –
- Penserò io a lei, nessun guaio. – disse Voa.
- Penseremo noi, vuoi dire. – gli fece eco Tenakah ridendo.
- Noi certo… - disse, ma non completò la frase perché venne letteralmente travolto e trascinato nel bosco.
- E’ qui! – urlò Tenakah.  Gaius iniziò a pregare e avvolse il guerriero con un’aura protettiva, Rexyna afferrò la mazza, passandosela dalla sinistra alla destra. Araton la bacchetta.
- Vieni qui se hai il coraggio! – continuò il vecchio guerriero.
- Come desideri, dolcezza. – lo canzonò. 
Tenakah si sentì gelare il sangue: alzò gli occhi giusto il tempo di vedere la creatura piombargli addosso.  Non potè fare altro che venire travolto da lei: la creatura lo raggiunse, lo schiacciò a terra spezzandogli la schiena, quindi sollevatolo, lo scagliò contro Gaius.  Rexyna piantò la mazza nella schiena della bestia che urlò di dolore, prima di scaglialo lontano con un colpo d’ali. Infine si rivolse su Araton che la fissava con la bacchetta che teneva stretta con entrambe le mani.
- Cucciolo… cosa pensi di fare con quella? E’ finita. –
- Vattene subito via! Lasciaci stare. –
- Cucciolo non penso proprio. – e si avvicinò.
Araton si guardò intorno e fece un passo indietro, allontanandosi da Uranias.
- Banchetterò col suo sangue dopo aver bevuto il tuo. – disse la creatura.
Araton arretrò ancora.
Infine si trovò spalle ad un tronco.
- Molto poco saggio. – lo canzonò e iniziò a ridere.
Araton chiuse gli occhi e formulò una sinistra maledizione, non sul nemico, ma su se stesso.
Gridò di dolore quando le sue carni presero fuoco ed esplose in una sfera di fuoco che travolse tutto quanto trovò sul suo passo. 
La creatura non fece in tempo a proteggersi con le ali e le fiamme la avvolsero.
Iniziò a rotolare per terra gridando tutto il suo dolore, infine si voltò e ritrovò Voa che la fissava sanguinante dall’alto verso il basso.  Aveva il braccio sinistro slogato, l’armatura divelta e la spalla fuori dalla sua sede, ma teneva sollevata con la destra la spada.
- Crepa bastarda… - disse e calò la spada sulla testa della creatura, aprendola in due.

* * *

La pecorella brucò un filo d’erba che spuntava dalla neve ai piedi di una grossa quercia, quindi scomparve in una nuvola azzurrina.  Al suo posto il mezz’elfo stremato rimase immobile, sdraiato supino.  Lùce ed Ilaria lo raggiunsero, lo voltarono, e iniziarono a pregare per lui.
Poco più in là, stessa sorte alla rana in cui Gengiskhan aveva tramutato la spia.  Dyanor però era più grave.  Non respirava.  July si avvicinò. Non avrebbe permesso che dopo Pioggia, Utet anche Dyanor lo lasciasse.
- Via tutti! – gridò. E cadde in ginocchio tra le lacrime.
- Questa volta non mi devi abbandonare, questa volta dovrai fare quello che ti chiedo. – Non pregava, non implorava. July era stanco di supplicare chi, alla fine, non lo ascoltava. Aveva combattuto per Lui, aveva sacrificato tutto, ogni cosa per Lui, ora era in debito e doveva ripagarlo. Basta pregare, basta chiedere in punta di piedi: ora voleva! Esigeva il suo aiuto!
Il nano impose la mani, mentre gli altri Templari lo circondavano, come per dargli supporto.  Una luce bianca irradiò dalle mani e avvolse il corpo di Dyanor completamente.
- Dammi la forza, dammi la forza! – gridò tra le lacrime July.  Il petto di Dyanor si sollevò e l’ufficiale spalancò gli occhi.  Iniziò a respirare, mentre July cadeva all’indietro piangendo.
- Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta! – piangeva. 
Bryger gli mise una mano sulla spalla, quindi lo aiutò a rimettersi in piedi.
- Sì, tu e Lui, ce l’avete fatta. –

* * *

Era notte inoltrata quando i superstiti tornarono al campo. Vennero accolti come eroi, ma nessuno si sentiva in vena di festeggiare.
Selune, Nadìr ed Erebus fecero portare a Masters il corpo della creatura. 
Il generale osservò quello che restava della minaccia, quindi congedò i tre, rimandando alla mattina successiva il rapporto sull’accaduto, rimandando il tutto a dopo i funerali.
Fu una cerimonia sobria e breve.  Del resto erano in guerra e i caduti sono all’ordine del giorno… solo che non si riesce ad accettare la normalità di una così triste realtà, quando tale realtà colpisce chi ti è vicino, chi ami.
July, Bryger e Selune si occuparono di celebrare la cerimonia.  Poi i corpi vennero adagiati su una pira ai bordi di quel bosco che li aveva visti combattere fino alla morte.
Erano eroi e gli eroi andavano ricordati, non rimpianti e non vi era luogo migliore che ricordarli nel luogo dove avevano versato il loro sangue per un fine così alto: la liberazione dal male, per i popoli liberi, tutti, senza guardare allo schieramento, la bandiera, la razza.
Tenakah aveva combattuto molte battaglie ed era morto come era vissuto: da guerriero. In prima linea.  Utet era nuovo, reclutato appositamente per la missione nelle Northerend da Hutyjaram il quale, lo descrisse a tutti per quello che sapeva di lui.  Utet voleva essere il migliore, si sentiva il migliore in ogni cosa che faceva, presuntuoso, forse, entusiasta, sempre.  Era l’elite, voleva farsi chiamare così, il meglio del meglio.  Era morto perché nonostante si sentisse un guerriero, aveva un cuore gentile e voleva proteggere oltre che uccidere.   
E poi c’era Araton.
Erebus non aveva avuto il coraggio di parlare di Azazhiel quando era caduto durante la battaglia di Naxxramas e non avrebbe avuto la forza di farlo neppure adesso, ma non poteva venir meno ai propri compiti.
Iniziò proprio parlando del giovane evocatore caduto per difenderli dalla carica del cavaliere per arrivare al nocciolo della questione.
- Noi evocatori siamo soliti descrivere noi stessi come esperti di magia persi nel vuoto dell’abisso. E a molti di noi questo capita davvero: guardando nell’infinita oscurità, alla ricerca di demoni sempre più potenti e terribili da strappare al loro piano per schiavizzarli al nostro volere, in molti finiamo per essere noi stessi vittima della nostra… perfidia.  Siamo noi le bestie, spesso, anzi, sempre.  Siamo noi gli egoisti, siamo noi senza paura delle conseguenze delle nostre azioni e mascheriamo questo desiderio di controllo con la scusa che lo facciamo per un fine alto e giusto, che infondo parliamo di demoni, che va bene così… ma pochi, davvero pochi, credono così profondamente di essere nel giusto da esserlo davvero.  Azazhiel ha sacrificato non la vita di un famiglio, ma la propria per impedire che le vittime fossimo noi, ma era un novellino, potrete dire, un evocatore alle prime armi.  Forse ancora non completamente corrotto dalla professione prescelta… questo mi potrete dire, ma Araton, Araton era un veterano.  Araton era membro della congrega degli evocatori di Stormwind da decenni, tanto che ci venne affibbiamo anni orsono contro la nostra volontà… Araton era un evocatore esperto, con l’anima nera come la sua pelle, nera come l’anima degli evocatori che ora osservano la sua pira funebre.  E allora perché?! Perché non ha preso tempo? Perché non ha richiamato uno dei suoi molteplici famigli per contrastare il nemico? Perché era un templare nero.  Era uno di noi.  Araton era più di un evocatore perché oltre ad essere ciò che sapeva, era ciò che siamo diventati insieme.  E questo è qualcosa che supera le maledizioni interiori che ci portiamo dietro.  Araton ha scelto di morire per dare a noi la possibilità di vivere e portare a termine la missione. -  Si asciugò le lacrime.  – Grazie, amico mio, per il tuo valore e il tuo coraggio.  Non ti deluderò e non permetterò a nessuno di deluderti! – ruggì Erebus.
Quindi guardò Sceiren che, chiudendo gli occhi, schioccò le dita, incendiando la pira dei tre templari caduti.

* * *

Il generale Masters fissava la colonna di fumo che si alzava nel cielo sorseggiando un calice liquore.  Non si sentiva di festeggiare, ma senza alcun dubbio la fine della minaccia gli avrebbe permesso di ripartire alla volta di Icecrown.  Stava ancora valutando le informazioni ottenute dal comandante Ardifiamma.  L’elfo del sangue aveva riconosciuto la creatura… La regina del sangue Lana’thel.  Era un’elfa del sangue leggendaria.  Aveva marciato su Icecrown in passato… ed aveva perso.  Arthas aveva usato la sua terribile arma su di lei, trasformandola nel mostro che aveva ora davanti.  Se un esercito di elfi del sangue comandato dal Principe Kael’thas e Illidan aveva fallito, aveva lui, un semplice uomo, possibilità contro l’astuzia e la forza del Re dei Lich? 
Un soldato annunciò l’arrivo dell’ammiraglio McRonin.  Il generale Masters lo fece entrare.
- Davvero ottima notizia! Questa confraternita è davvero efficace! – disse entrando quasi saltellando il grasso ufficiale.
Il generale continuò a fissare la pira funebre ardere in lontananza e sorseggiò ancora il suo liquore.
- Ora possiamo archiviare questa maledetta bestia e concentrarci sulla nostra missione., continuò, Non vedo l’ora di tornare a casa! –
- Cosa non si farebbe per tornare a casa, dico bene? –
McRonin lo fissò dubbioso: - Direi che siamo qui per fare il necessario, dico bene? Ma cosa vuoi dire? –
Master finalmente si voltò, vuotò il calice e lo posò sullo scrittoio, prima di sedersi. 
- Accomodati, voglio parlarti di una questione. – disse.
L’ammiraglio divertito sollevò le mani sconfitto e fece come richiesto:  - Ma certo, invece di offrirmi da bene, mi vuoi aggiornare su una questione. Dovremmo festeggiare una vittoria e invece siamo qui in penombra. D’accordo. –
Masters rovistò tra le carte e calmo iniziò:
- Come ben sai, questa guerra si deciderà non solo in base alla forza di ciascuno di noi, ma soprattutto alla capacità del sottoscritto di evitare di far saltare in aria la polveriera sulla quale siamo seduto da un bel po’.   Convivere con la fazione avversa che ci ha dato la caccia per secoli non è né semplice né cosa gradita a molti della nostra fazione e, naturalmente, questo… risentimento è reciproco.  In buona sostanza mio è i compito di riportare tutti a casa, poi si vedrà.  Così tengo d’occhio i miei, nostri, alleati a dispetto di quanto non sappiano ufficialmente, perché le informazioni possono salvare questa missione ben più della forza.  Così, non immagini la sorpresa quando le mie spie mi hanno comunicato della tua amicizia tutt’altro che ufficiale con il nostro “amico” Luther.  Sono certo che potrai spiegarmi cosa facevi con lui, ai margini dell’accampamento, invece di essere nei tuoi alloggi. Dicono che eri… anonimo o, almeno, che cercavi di esserlo. Naturalmente ho detto che non era possibile, ma le mie spie erano assolutamente certe di averti visto in più di un’occasione. –
McRonin era sbiancato.  Le sue dita paffute armeggiavano nervosamente con l’angolo di una mappa che penzolava dallo scrittoio e non guardava negli occhi l’amico.
- Allora? – chiese appoggiandosi allo schienale.
- Io, noi… -
- Noi? –
- L’hai detto tu! Siamo qui per fare il necessario! – balbettò.
- No, McRonin, lo hai detto tu. Per me fare il necessario non è rinunciare a quello in cui credo. Cosa diavolo pensavi di fare? Credevi che non lo avrei scoperto?! – tuonò sbattendo il pugno.
- Dovevamo sapere come fare! E i tuoi metodi non portavano a nulla! Cosa sarebbe successo se non avessimo scoperto della bestia? –
- Non giustifica quanto hai fatto! – urlò Masters.
L’ammiraglio rimase in silenzio, poi tremante quasi sussurrò: - Cosa… farai? –
Masters riacquistò la calma, almeno in superficie.
- Nulla, qui, ma tornati a Stormwind, oltre ai crimini che condividi con me, dovrai rispondere anche di questo.  Ora vattene. –
L’ammiraglio si alzò tremante, quindi salutato il generale con un cenno del capo, lasciò i suoi alloggi.
« Ultima modifica: Ottobre 08, 2015, 05:03:18 pm da Shockwave »

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #1 il: Ottobre 08, 2015, 04:22:52 pm »
Molto bello!
Anche se ormai la mia shammyina l'hai messa in naftalina.  :gatto:

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #2 il: Ottobre 08, 2015, 04:26:32 pm »
Arriverà anche il suo momento!


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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #3 il: Ottobre 08, 2015, 05:17:24 pm »
Molto bello!
Anche se ormai la mia shammyina l'hai messa in naftalina.  :gatto:
il mio dk ha aspettato anni per comparire ed è già sparito dalla circolazione :grin:


Sevex

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #4 il: Ottobre 08, 2015, 05:18:54 pm »
Facciamoci uno spin off

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #5 il: Ottobre 08, 2015, 05:24:27 pm »
TATEBBONI!!!!!!!

Utanathor

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLI - Capitolo 32: Il volto della Bestia (II)
« Risposta #6 il: Ottobre 08, 2015, 07:20:42 pm »
(Se non hai ancora letto il cap 32 fai attenzione! spoiler allert!quindi non leggere il mio commento)



quale onore! grazie mille Pietro! ti sei superato, si sente la tensione dell'imboscata, la perfidia della bestia, la sofferenza per i caduti, bellissimo davvero!
I tuoi cast son bellissimi e sopratutto di uno stile impareggiabile, sul finale lo "schiocco" è stata la ciliegina sulla torta!

MI ha colpito molto come hai descritto lo charme che usa la bestia che arriva addirittura a corrompere la mente di Dyanor al punto di crederla sua madre! molto intrigante! mi ha tenuto incollato allo schermo, complimenti!
« Ecco là io vedo mio padre, ecco là io vedo mia madre e le mie sorelle e i miei fratelli, ecco là io vedo tutti i miei parenti defunti, dal principio alla fine. Ecco, ora chiamano me, mi invitano a prendere posto in mezzo a loro nella sala del Valhalla, dove l'impavido può vivere per sempre. »