Intro
Ancora una volta nella breccia: io da un lato, a scrivere... e voi dall'altro (spero) a leggere!
Come sempre spero che questo terzo atto sia di vostro gradimento!
Buona lettura!!!Cronache dei Templari Neri
ATTO III
Figli dell'ultima alba
A mia madre
Perché mi hai insegnato
Che l’eroismo non si misura esclusivamente
Nei grandi eventi della storia,
quanto piuttosto
nelle quotidiane battaglie
che siamo chiamati, nostro malgrado, a combattere.
Per questo e per molto altro ancora,
Grazie.
1
Tredicesimo giorno di Novembre Terzo anno Dall’AlleanzaCorreva scendendo gli scalini di metallo che portavano dal ponte ai primi livelli sotto coperta due a due, come se avesse un lupo alle calcagna, incurante degli sguardi incuriositi degli altri membri del battello. Il Capitano doveva essere informato.
Strattonò il cuoco di bordo ricevendo improperi coloriti più delle salse che serviva alla mensa ufficiali e svoltò a destra, quindi salì i tre scalini che portavano alla gigantesca porta in acciaio che separava gli alloggi esclusivi del capitano da tutto il resto della nave. Capitan Patrick “Il Razziatore” Markonnen aveva strappato quella porta da un vascello di Stormwind in una delle loro prime scorribande nei mari centrali ed aveva preteso che fosse sostituita alla sua perché tutti gli gnomi che avessero visto quell’ingresso maestoso sapessero la statura, quantomeno interiore, del loro capitano e l’ufficiale Breeswitch non aveva dubbio alcuno del valore del suo capitano, così come non dubitava che quanto avrebbe riferito lo avrebbe fatto letteralmente saltare come una molla.
Breeswitch si sistemò alla meno peggio l’uniforme blu bordata di bottoni dorati a forma di bullone con le paffute mani callose, quindi bussò due volte, fece una pausa, e bussò tre volte. Un meccanismo scattò da qualche parte oltre la porta, quindi cigolando si aprì uno spiraglio, sempre più ampio… poi nulla. Si era rotta, un’altra volta.
- Bree!! Per la miseria! Quante volte ti ho detto di aggiustare l’accesso speciale! – gridò il Capitano.
- Provvederò immediatamente… Capitano… - rispose ansimando lo gnomo mentre, facendo forza con tutto il suo peso, spostò alla vecchia maniera la pesante porta di acciaio.
- Capitano, abbiamo un problema! –
“Il Razziatore”, come al solito, era seduto sul suo trono (altro trofeo di una sua precedente razzia) inchiodato al pavimento, poco distante dal “tavolo delle rotte” e fissava assorto una mappa sulla quale aveva tracciato decine di possibili destinazioni per altrettanto possibili bersagli, per lo più vascelli elfici. Amava razziare i vascelli della gente lunga, ma ancor di più quelli della gente dalle orecchie lunghe. Inoltre adorava farsi inseguire da quelle navi così veloci, almeno per un po’, per poi svanire nella barriera di nebbia maledetta che nessun elfo osava sfiorare! Il piano così era semplice, efficace e sempre uguale: individuare la preda, colpire, scappare a Nord verso il Muro di Nebbia, infilarsi sotto la sua protettiva coltre ed attendere, per poi sbucare da qualche altra parte, individuare la propria posizione e ricominciare! Non tutti i mali venivano per nuocere e se la barriera separava di fatto il Sud dai freddi ma ricchi Regni del Nord, Capitan Patrick, a differenza dei suoi “colleghi”, aveva colto il vero senso di quel muro insuperabile comparso dal nulla diversi decenni prima: un’opportunità di fuga per la sua nave!
- Capitano, abbiamo un problema!! –
- Breeswitch, immaginavo che lo avessimo da quando hai detto, un attimo fa, che avevamo un problema! Ma di cosa di tratta, per mille balene! –
- Capitano… Frederick ha avvistato una nave battente bandiera di Darnassus che punta nella nostra direzione e… capitano… è Stella del Mattino. –
Le labbrone del capitano del vascello pirata gnomico tremarono vistosamente. Il capitano Patrick si appoggiò allo schienale del suo trono del comando e voltò gli occhi alla preziosa arpa ben in mostra al centro della sua stanza. Aveva messo “in ordine” quasi tutti i suoi incartamenti per far posto a quell’oggetto, oggetto di cui si era innamorato durante una delle loro ultime scorribande nei mari del Nord. La sua musica celestiale lo rilassava enormemente, soprattutto quando, suonandola, avvertiva quel profumo di fiori… ah i fiori… quasi non ricordava il loro aspetto! E poi aveva notato più volte che non calmava solo i suoi nervi tesi, ma anche il tempo! Le nubi parevano scomparire, quando sfiorava le corde di quello strumento…
- Capitano! Ordini! –
Lo gnomo fissò ancora per un attimo con amore la sua amata arpa, ma richiamato all’imminente minaccia dal suo primo ufficiale, non potè non pensare che forse avrebbe dovuto ascoltare quell’elfo arrogante e presuntuoso che aveva ripetuto più volte che quell’oggetto era un regalo regale e che sarebbe stato meglio lasciarlo dove si trovava…
- Molto bene! –
- Molto male, vorrà dire! –
- Sì, cioè, molto male, mio fedele Bree, malissimo anzi! – Poi saltò a terra e afferrò un buffo cappello adornato da piume di pavone e mettendosi una mano sotto la giacca assunse un’espressione risoluta.
- Come sto? –
Lo gnomo sorrise compiaciuto inchinandosi sussurrò:
- Ecco il mio Capitano! –
- Ufficiale! –
- Sissignore! –
- Tutti ai posti di fuga! Massima potenza ai motori ausiliari e pronti ad attivare il motore principale! Rotta verso il Muro di Nebbia! –
- Massima velocità, rotta verso il Muro Bianco, mio Capitano! - ed evitando per un soffio di schiantarsi contro la porta ancora socchiusa, lasciò gli alloggi del capitano per afferrare uno dei numerosi tubi di ottone presenti praticamente ovunque nel vascello. Breeswitch afferrò il tubo e vi avvicinò la bocca quindi, dopo essersi schiarito la voce, gridò con tutto il fiato che aveva:
- Tutti ai posti di manovra! Massima potenza ai motori secondari! Commodoro, rotta per il Muro di Nebbia! Il Capitano e il primo Ufficiale! –
Dopo qualche attimo di silenzio, un gorgoglio emerse come dalle profondità di una grotta. Messaggio arrivato a destinazione. Uno scossone fece traballare il vascello quando la velocità aumentò e la rotta venne variata.
Il Capitano Patrick e il suo fedele primo ufficiale raggiunsero la sala comandi poco dopo. Decine di gnomi correvano in tutte le direzioni azionando tutti i marchingegni necessari per le manovre. Il vascello del pirata Patrick dei mille mari era un gioiello di meccanica! Molte delle modifiche le aveva eseguite personalmente ed infatti molti degli strumenti erano in avaria; ciò non dimeno, poteva a buon titolo vantarsi di avere uno dei vascelli più veloci che avessero mai solcato i mari di Azeroth grazie all’impiego di due motori che, in combinazione, davano una spinta che competeva addirittura con i vascelli della marina elfica, mossi dalla magia.
- Ufficiale di rotta! – gridò Patrick. – Tra quanto tempo Stella del Mattino sarà a portata? –
- Saremo a portata dei suoi colpi tra meno di quindici minuti, Capitano. –
- E tra quanto avremo copertura delle Nebbie? –
- Saremo al sicuro tra… circa sedici minuti. –
- E quando in grado di attivare il motore principale? -
- Motore secondario a regime in questo momento capitano Patrick! – gridò una voce distorta da uno dei molteplici tubi ricurvi per le comunicazioni.
- La spinta sarà sufficiente per portarci a destinazione con un margine di manovra? – chiese ancora il capitano.
- Sì, capitano, la spinta ci darà il tempo per nasconderci e spegnere i motori come al solito. –
Un rantolo di agonia crepitò dal tubo della vedetta.
- Cosa ha detto! – gridò il capitano Patrick saltando sul posto.
- Allora, Ufficiale! –
L’ufficiale Breeswitch si voltò lentamente mentre un goccia di sudore scese lentamente lungo la gota zigzagando tra i grossi peli rossicci delle sue basette.
- La Stella… sta accelerando. –
- Molto bene…, disse il capitano infilando la mano sotto la giacca ed afferrando il suo porta fortuna, se vogliono la guerra… ebbene, NON L’AVRANNO! – Afferrò il tubo di collegamento più esterno tra quelli della consolle di comando e gridò al suo interno:
- Motore principale! Massima spinta e massima resa! –
La voce del capitano Patrick Markonnen lasciò la sue corde vocali, entrò nel tubo dalla sala comando e cominciò la sua corsa indiavolata lungo il vascello, raggiunse il primo livello sottocoperta, il secondo, il terzo, gli alloggi dei marinai, sempre più in basso fino a emergere di nuovo nella sala motori dove uno gnomo completamente glabro ed abbronzato attendeva quell’ordine impettito. Era vestito completamente di rosso, occhi neri intensi, lo sguardo intelligente perso nel vuoto, corporatura insolitamente esile, praticamente un’ombra di uno gnomo. Non appena l’ordine raggiunse le sue orecchie, lo gnomo sorrise minaccioso, quindi si voltò alla sua destra e afferrò con entrambe le mani la maniglia del boccaporto che dava sulla caldaia principale e lo aprì. All’interno oscurità più totale. Ancora per poco. Si voltò e con passi lenti e misurati raggiunse la sua scorta di combustibile, afferrò una, due, fre fiaschette d’olio e si voltò di nuovo verso la caldaia che presto sarebbe divenuta la porta dell’inferno stesso. Stappò la prima e la gettò dentro. Osservò con maniacale attenzione il liquido scivolare nella montagna di carbone trattato che riempiva la caldaia, poi ripeté il rituale una seconda volta, una terza volta. Era pronto.
-
Per tutti gli elfi: Ekil!!, che stai aspettando! Muoviti! –
Lo gnomo ebbe un sussulto, avvicinò le mani facendo toccare i pollici, attento a tenerli ben in contatto, quindi allargò i palmi, descrivendo una “V” con un angolo esatto di sessantacinque gradi, quindi si concentrò. La testa di un drago comparve sopra quella dello gnomo e dalle mani esplose un’ondata di fuoco che confluì dentro la caldaia, incendiando l’olio combustibile. L’esplosione che seguì fu poderosa: una fiammata si liberò dal boccaporto e travolse, per l’ennesima volta, lo gnomo che l’aveva scatenata. Lo scafo della nave si sollevò per poi ricadere verso il basso in piena accelerazione.
Il capitano Patrick esultò eccitato, quindi afferrò il tubo di comunicazione con la vedetta e chiede la distanza a Frederick con la Stella del Mattino.
- Si allontana! – disse il Primo Ufficiale interpretando il sibilo proveniente dal tubo di comunicazione.
- NO! Siamo noi che ci allontaniamo da lei! Quanto durerà la spinta! E quanto al Muro? –
- Sette minuti di spinta, sette minuti al Muro! – gridò il timoniere.
- Complimenti Capitano, ce l’ha fatta di nuovo. – disse Bree con profonda ammirazione.
- Non ancora, amico mio, non ancora. – il capitano si sistemò il cappello sulla testa, già pregustando il piacere di suonare la sua amata arpa ancora una volta circondato dall’abbraccio protettivo della nebbia della morte.
- Ufficiale Bree! –
- Timoniere? –
- Spinta prossima all’esaurimento… -
- Molto bene, capitano spinta prossima all’… - il Capitano Patrick fissava immobile attraverso la lente modificata del suo cannocchiale l’orizzonte davanti alla sua nave: miglia e miglia di mare, giornata limpida, non una nube nel cielo né una increspatura sulle onde.
- Impossibile. Timoniere, ma dove avete condotto la mia amata? –
- Il timoniere cominciò ad armeggiare con le sue carte, gettandone a terra alcune, afferrandone altre, infine trovò quella che cercava, l’afferrò e ansimando raggiunse il primo ufficiale.
- Bree… noi siamo qui… -
- Non è possibile che siamo qui! Perché qui non c’è nulla, e piantò l’indice sulla mappa, e invece qui si vede bene! - e indicò l’orizzonte.
- Lo so, lo so… ma noi siamo dove dovremmo! –
- E allora dove si trova il Muro!, – sbraitò il Capitano indicando il mare aperto davanti ai suoi occhi increduli, Perché non siamo circondati dalla nebbia!! -
Per l’ennesima volta il gorgoglio dal tubo di comunicazione con la vedetta, solo che questa volta il Capitano Patrick Markonnen detto il Razziatore, già sapeva cosa Frederick volesse far loro sapere.
Il labbro inferiore dello gnomo cominciò a tremare.
- Signore, spinta esaurita, cosa dobbiamo fare adesso? –
Gli occhi del Capitano cominciarono a spaziare lungo l’orizzonte cercando di scorgere prode remote, ma invano. Si voltò con gli occhi lucidi e infilando la mano sotto la giacca estrasse una arrugginita chiave quadra, uno degli strumenti lasciategli da suo padre. Con quella chiave aveva avvitato praticamente tutti i bulloni di quella nave. Era il suo porta fortuna… lo era, perché questa volta aveva palesemente fatto cilecca; del resto, era lo strumento con cui aveva montato gran parte della strumentazione di bordo, la stessa strumentazione che il più della volta era in avaria. Doveva aspettarselo: prima o poi, anche la fortuna si sarebbe inceppata.
- Ripiegate la nostra bandiera. Che la gente alta non la insozzi… -
L’ufficiale Breeswitch annuì mestamente e mentre l’effige della nave pirata modello Turbospuma X200, una ruota dentata con sotto due chiavi quadre incrociate, veniva sostituita con una assai meno aggressiva bandiera bianca, la Stella del Mattino raggiunse la nave pirata, la affiancò e ignorandola passò oltre, evidentemente molto più interessata al gigantesco vascello battente bandiera sconosciuta che, lentamente, aveva fatto la sua comparsa all’orizzonte.
* * *
Si chiedeva ormai da alcuni giorni per quanto tempo gli avrebbe dato ancora ascolto. Del resto, non aveva prove, non aveva modo di provarle quello che affermava, senza considerare che aveva anche un bambino di cui occuparsi adesso e lo stava esponendo da giorni a rischi assolutamente inutili, almeno agli occhi di lei. Sceiren era consapevole che Silvèr probabilmente aveva ragione e che gli orchi di quella regione erano pericolosi, molto pericolosi, e per quanto nascosti, non lo si era mai abbastanza nelle lande infuocate che circondavano il Portale Oscuro da quest’altra parte, nei Regni Esterni. Nonostante tutto, però, anche se una parte di lui avrebbe voluto assecondare l’elfa e riportare tutti a casa, gli eventi di cui solo lui era stato testimone continuavano ad angosciarlo, a rodergli dentro come migliaia di tarli, a oscurargli il giudizio ad incutere un timore reverenziale incontrollabile ed irrazionale che non sapeva spiegarsi.
Sceiren fissò Folgorello poco distante e si chiese come mai neppure lui, un animale da sempre particolarmente sensibile a presenze malvagie, non avesse neppure mosso un orecchio, non avesse neanche notato l’ombra che già due volte gli aveva fatto visita.
Avrebbe avuto bisogno di risposte, ma aveva paura di scoprire una verità che si augurava disperatamente non fosse altro che dentro la sua testa e non reale, definita, concreta.
Sceiren si accarezzò le sopracciglia troppo simili a quelle degli uomini e così diverse da quelle del suo popolo e ripensò ad Antera. Aveva deciso di essere più umano per lei ed ora la sua amata era tornata come elfo! E così si ritrovava dopo anni nei quali aveva fatto di tutto per ridurre le differenze tra lui e lei per il bene di suo figlio innanzitutto a dover ricominciare tutto daccapo… Sceiren scosse il capo con un sorriso, poi avvertì ancora una volta quella sensazione e tornò a sentirsi estremamente fuori luogo lì, da solo, in quelle lande desolate e brulle, circondato da chissà quali minacce annidiate nell’ombra… o di ombre vestite.
- Mago Sceiren! – sussurrò la voce.
Sceiren strinse i denti e si alzò in piedi. Strinse il pugnale che da tempo portava con sé e si avvicinò al fantasma comparso dal nulla.
- La mia risposta la conosci già! Abominio! –
- Mago Scccceeeeirennnn, sibilò la figura allungando una mano lunga ed affusolata verso di lui, Il mio Maestro ti avrà con sé nelle sue schiere, che tu lo voglia oppure no. –
- Non so di cosa parli, spettro! –
Lo spettro sfumò appena per poi tornare definito.
- Ceeeeeeeeeerto che lo sai, Mago Sceeeeeeeiren come presto lo sssaaaaprà leeeei, luuuuui, tutttiiii!-
Il mago sgranò gli occhi. Non avrebbe mai più perso sua moglie e soprattutto non avrebbe permesso a nessuno, neppure agli Dei, di toccare suo figlio.
- Vai via! – gridò prima di scagliare un lampo di energia arcana contro l’ombra dissolvendola.
- Cosa è stato! – disse Silvèr stretto il suo arco, subito al fianco del compagno.
- Nonno! – piagnucolò Illentar poco distante.
- E’ tempo di tornare, temo. –
- Ma cosa sta succedendo? – chiese preoccupata Silvèr con quel tono così simile a quello di Antera.
- Non lo so, ma intendo scoprirlo. –