La pace della miniera. Il cuore della terra. Il fascino della ricerca. Il piacere della scoperta. La gioia nel raccontare. La musica che piace ascoltare. L’energia insita nella pietra. Le dita del nano sfioravano il grosso diamante. Ne sentivano la perfezione. Lo stava già toccando. Era estasi. Era assoluta chiarezza. Doveva solo cogliere quel frutto dei millenni e donarlo al Creatore in cambio della vita che voleva riportare, ma quando il nano afferrò la pietra, un lampo di luce lo accecò e un dolore lancinante gli attraversò la fronte.
July aprì gli occhi, ma ci mise qualche secondo a capire dove si trovasse, perché fosse a sdraiato a terra, cosa fossero quelle grida alle sue spalle e perché avesse la faccia imbrattata di sangue… poi mise a fuoco il corpo senza vita dei due elfi poco distanti: un gigantesco elfo del sangue, ed un esile elfo della notte. Abbattuto dal fallimento, si lasciò andare.
* * *
Era sconvolta, era addolorata, era incredula, era furente. Bastavano ancora pochi attimi e una vita sarebbe stata salvata. Aveva pregato,
ignorata
aveva supplicato,
derisa
implorato il Creatore di darle potere,
impotente
ma aveva fallito ed ora un suo compagno era perduto per sempre. Lùce tremante piangeva disperata, liberando la propria frustrazione mentre sentiva premere nel suo cuore un potere dimenticato. Fissò July immobile a terra, poi Pioggia col viso rivolto verso il basso, in una pozza di sangue rappreso, quindi il principe Kael’thas poco distante che arretrava dietro ai colpi di Utet e di Erebus. Lo avrebbe scorticato vivo!
Vendetta!
Con le lacrime che ancora scorrevano lungo le sue gote, la sacerdotessa trasformò il suo lamento, il suo pianto di dolore in una risata folle ed isterica e finalmente, rompendo le catene che avevano imprigionato l’oscurità che albergava nel suo cuore, liberò le ombre che la avvolsero completamente. La sua pelle da candida si colorò di cenere, i suoi occhi intensi presero a brillare come tizzoni ardenti e i suoi capelli cominciarono ad ondeggiare come mille serpenti.
- No! Sorella no! – gridò Ilaria, ma l’unica sorella che Lùce aveva in quel momento era la morte che esigeva sangue, il sangue del suo nemico.
Frasi flesse in un dialetto sconosciuto echeggiarono nella sala e un raggio viola collegò la sacerdotessa dell’ombra al principe Kael’thas, prima di scomparire. Cominciò a camminare verso il suo bersaglio e mille piccole esplosioni di ombra circondarono il principe decaduto, ma si dissolsero.
Lùce gridò di rabbia: perché i suoi incantesimi fallivano e quelli di Erebus invece no. Poi comprese. Avrebbe strappato quell’oggetto dalle sue mani,
Le sento, Bry, le sento premere nel petto, le sento dentro e ho paura di non poterle contenere
avrebbe fatto di tutto, avrebbe fatto qualsiasi
noi tutti siamo ombre e luce, solo che alcuni di noi hanno anche il dono di saper utilizzare quelle ombre e quella luce per qualcosa di grande
cosa per portare il tempo indietro, per evitare quel dolore, per evitare la sofferenza, la morte, la sconfitta della vita!
Non combattere ciò che sei, ma non dimenticare mai ciò che eri e ciò che vuoi essere
- Erebus! – gridò con la voce amplificata dalla magia. L’evocatore si voltò e vide Lùce correre in un turbinio di ombre verso di lui.
- Dammi quella bacchetta…, singhiozzò la sacerdotessa, dammela adesso, io devo! – ma l’evocatore non si fidava, non si poteva fidare di una sacerdotessa dell’ombra. Strinse la presa e si allontanò.
- Non farmi questo! E’ mio compito, devo farlo, devo farlo adesso! – e piangeva, piangeva accorata ma le ombre intorno a lei erano sempre più scure. Erebus, come tutti gli evocatori che avevano trascorso troppo tempo nelle proprie torri a studiare l’abisso, conosceva le tenebre molto a fondo, nonostante tutto e il contrasto tra il potere oscuro che Lùce ostentava e il dolore che provava gli fecero capire le sue intenzioni… e più che mai decise che l’avrebbe mai e poi mai assecondata! Con la mano libera tentò ti tenerla lontana mentre con la bacchetta lanciava sfere d’ombra contro il suo nemico, ma Lùce aveva preso la sua decisione. Si avventò gridando contro l’evocatore e quando questo tentò di spingerla via si dissolse in una nube violacea per ricomparire alle sue spalle pronta al
sacrificio!
a scattare in avanti ed afferrata la bacchetta ancora stretta nella mano dell’evocatore, la indirizzò verso il principe Kael’thas.
- Morte! – urlò Lùce. Gli occhi smeraldo del principe decaduto si inettarono di sangue poi le sue grida si fusero con quelle della sacerdotessa che lo aveva maledetto.
* * *
Era il momento di porre fino allo spettacolo. Tutto era andato come aveva previsto. Mancava solo un’ultima cosa da fare.
- Obbedisci. – sibilò e Utet immediatamente si bloccò sul posto con gli occhi persi nel vuoto, prima di voltarsi verso il gran parte del gruppo ora riunito davanti a lui; quindi cominciò a levitare.
Le verdantsfere emanavano fiammate improvvise di luce smeraldo, liberando scariche di energia senza alcun controllo che impattavano con le pareti della sala, penetrandole e scorrendo verso il pavimento lasciando bruciature al loro passare.
- Ma cosa…? – disse Selune quando si sentì trasportare verso l’alto.
- Ehi! – gridò Utet ritornato in sé, ma sollevato a sua volta da terra.
- Cos’è? Avete problemi a tenere i piedi per terra? – disse con una eco innaturale Kael’thas ben più in altro del gruppo che, lentamente, veniva sollevato verso il centro della sala.
Silvèr, più distante, venne raggiunta dopo dagli effetti di levitazione e quando si rese conto che presto avrebbe avuto la stessa sorte degli altri compagni, si guardò intorno frenetica, aveva bisogno di un’arma: l’arco di Telonicus. Così, poco prima di perdere anche lei aderenza al suolo, corse verso la fine della sala, afferrò l’arco e incoccò una freccia.
- Il futuro è già scritto e nessuno potrà correggerlo! – gridava mentre scariche di energia sempre più potenti si disperdevano nelle pareti.
Poi la lama di Thaladred lo colpì alla gamba.
- Per i miei figli! – gridò il principe decaduto alzando le braccia al rosone di cristallo sopra la sua testa, prima che l’ennesimo incantesimo di Lùce lo centrasse in pieno. Il grido divenne un sibilo prima di tornare per un ultima volte un poderoso urlo quando una freccia dell’arco di Telonicus lo centrò in pieno petto. Kael’thas liberò un ultima, immane, ondata di energia arcana che riempì in un lampo l’intera sala, mandando in frantumi il cristallo della visione, le armi che avevano riportato in vita i suoi consiglieri e facendo precipitare di nuovo al suolo i suoi assalitori. Il rosone di cristallo andò in frantumi ed una pioggia variopinta seppellì il corpo del signore di Forte Tempesta. Il cristallo della visione esplose in mille schegge color smeraldo.
Un rombo cupo e profondo coprì il boato delle esplosioni e il pavimento ebbe un sussulto, prima di inclinarsi verso sinistra.
- Via di qui! – gridò Selune sperando che gli altri lo avessero sentito, e afferrato July per un braccio e il corpo di Pioggia, correndo si precipitò verso l’uscita.
* * *
Tillisha soffiò nel suo fischietto e nessun suono si udì, ma Milù doveva aver colto il richiamo perché poco dopo, seguita dagli altri grifoni, aveva raggiunto il portale di ingresso alla fortezza che, scossa da esplosioni sempre più rovinose, piegava verso l’arca più piccola poco distante.
I templari neri lasciarono l’arca in fiamme e a distanza di sicurezza, finalmente, ritrovarono il suolo.
Solo allora, al sicuro, a terra, fissarono lo spettacolo: l’arca chiamata da sempre l’Occhio aveva speronato quella vicina e, assieme a quest’ultima, era saltata in aria, travolgendo quelle dall’altra parte. I resti erano stati scagliati lontano e, come stelle cadenti, riflettendo la luce dei fulmini di Netherstorm, cadevano al suolo.
In ginocchio, due draenei, contemplavano in lacrime la fine di un era e la caduta dell’ultimo ricordo del loro mondo passato.