Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba III - Cap. 2: Un messaggio recapitato da lontano(parte 2)  (Letto 936 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
La terra tremava sotto i suoi piedi.  La sua voce, nonostante quasi gridasse per farsi udire dai suoi bambini, era sovrastata dal fragore della guerriglia urbana scatenata senza alcun preavviso dai morti che risorgevano dalle proprie tombe.  Non era importante con quale arma, ma ogni uomo, donna e anche bambino era costretto a combattere per la propria sopravvivenza contro un nemico senza alcun timore di trovare la morte, avendola abbracciata molto tempo prima.  E come per le strade soldati e cittadini duellavano con spade, asce, forconi o anche a mani nude per proteggere tutto quello che avevano e che era messo in pericolo, così dalle finestre frecce, proiettili e sfere di magia arcana, di dardi congelanti o palle di fuoco si scontravano con gli ostili. 
La Matrona, nonostante la situazione, si augurava e sperava che i suoi figli riuscissero a distinguere le sue parole in quel marasma e pregava, nonostante gli scossoni che spesso la facevano letteralmente sobbalzare, le grida, i pianti, i ruggiti e il crepitio delle fiamme che divampavano praticamente ovunque, supplicava il Creatore che nonostante tutto i suoi protetti non focalizzassero i loro innocenti occhi su quello spettacolo raccapricciante quanto sui propri piedi, come continuava a ripetere loro, sui propri passi e sulla sua voce. Come sempre del resto.   
Avrebbe voluto portarli al sicuro dentro l’orfanotrofio, ma aveva compreso praticamente subito che non li avrebbe protetti lì, non più: il terreno come i pavimenti delle abitazioni liberavano creature insaziabili che si avventavano sui viventi come belve assetate di sangue.  Non vi era luogo, non vi era casa che fosse al sicuro.  Lo avvertiva.  Ne era certa. 
Svoltò a sinistra verso il canale e non appena lo superò la Matrona con i suoi piccoli cuccioli in lacrime venne letteralmente travolta da un gruppo di una uomini e gnomi che scappava proprio da quella direzione.   L’Usignolo strinse a sé i suoi bambini, facendo scudo col proprio corpo, ma venne travolta e cadde a terra. 
- Mamma! Ho paura! – gridava piangendo Sammy raggomitolato in grembo alla donna.
Avrebbe voluto calmarlo, ma non ne aveva tempo.  Si rimise in piedi, strinse di nuovo la mano ai bambini e si raccomandò loro di non mollarla mai, per nessuno motivo.  Il labbro le sanguinava e sentiva che si stava gonfiando.  Si guardò intorno per valutare la situazione: due corpi con larghi squarci sulla schiena giacevano immobili a terra, ma non vi era traccia di non morti, non ancora.  Alzò lo sguardo verso il Porto e vide che la fortezza sospesa si stava muovendo proprio nella loro direzione, verso la Cattedrale della Luce.  Le venne da rimettere, ma si controllò.
 - Venite! – gridò e di corsa si precipitò verso il ponte che, superando il canale, portava dalla piazza della Cattedrale a Piazza Mercato. Aveva un piano.
Superò la passerella e svoltò a destra trovando riparo dentro un’abitazione dalla porta fatta a pezzi.  Le dolevano le braccia ed aveva il fiato corto.  Doveva recuperare un minimo di energia o avrebbe rischiato di cedere.
- Mamma, cosa facciamo? – chiese Timmy con gli occhi gonfi, ma non abbandonandosi alle lacrime.
- Allora, dobbiamo lasciare la città.  Ecco, io… - poi si fermò rendendosi conto che ormai parlava al bambino come fosse un adulto. Con tristezza realizzò che quel giorno aveva sancito senza possibilità di tornare indietro la fine della sua fanciullezza, per sempre.
- Timmy ascoltami bene:  qualsiasi cosa accada devi raggiungere con Sammy, Gemma, Fiore e Emy il Quartiere dei Maghi. Tu sai dove sono i maghi vero?, bene.  E’ li che stiamo andando. Loro sapranno come aiutarci a lasciare la città. –
- Mamma e tu non vieni! Non lasciarci mamma! – piangeva Emy stringendosi alla donna.
- La mamma viene con voi! Certo che viene con voi, ma… -
Le grida gutturali degli zombi la raggiunsero come uno schiaffo.  L’Usignolo si rimise in piedi.
- Pronti? Si va! Non guardate davanti a voi, guardate a terra! Questo è un brutto sogno! Non temete!-
Fece capolino e per poco non veniva travolta dalla carica di cinque soldati in armatura completa che gridando si avventarono contro un gruppo di non-morti dall’altra parte.  Doveva approfittarne. 
- Adesso! -
La donna cominciò a correre.  Sentiva le grida, pianti, urla raccapriccianti e versi incomprensibili che le facevano accapponare la pelle.  Chiazze di sangue tempestavano il suolo e sapeva che i suoi bambini le stavano fissando.  Era lei che aveva chiesto loro di fissare i propri piedi… del resto meglio il rosso del sangue, che i corpi mutilati ai lati della strada.
Un soldato le si parò davanti: aveva il viso sporco di terra, i capelli imbrattati di sudore.  Brandiva una spada lunga macchiata di una poltiglia nera.
- Siamo maledetti!  - ripeteva, poi riprese a correre superando gli orfani.  Era protetto da una armatura ammaccata in più punti, che tuttavia non era stata efficace perché tre frecce erano piantate nella schiena.  L’Usignolo ignorò il terrore, l’odore dolciastro del sangue rappreso, il tanfo nauseabondo che emanavano i corpi fatti a pezzi dei non-morti e l’idea di essere raggiunta a sua volta dai dardi del nemico.   Riprese la sua fuga facendosi strada tra le bancarelle divelte a terra.  In lontananza il passaggio che portava al canale di Sud-Est: il canale che portava al Quartiere dei Maghi.
- Presto piccoli! – qualcosa tentò di afferrarle la caviglia, facendola inciampare.  L’Usignolo cadde proprio quando l’ennesimo gruppo di disperati puntò di corsa nella loro direzione, proprio dalla meta che si era prefissata.  Il terreno tremò e due mani grasse e piene di pustole violacee emersero dal terreno.  Emy e Gemma iniziarono a gridare in preda ad un terrore puro.  Timmy afferrò una lunga scheggia di legno, probabilmente i resti dell’intelaiatura di una finestra, e si frappose tra le bambine e il non-morto e cominciò a colpire la testa che stava partorendo il terreno.   La Matrona si mise in ginocchio, ma trovò di nuovo il terreno quando la folla nel panico la travolse.
- I bambini! I bambini! – gridava mentre veniva letteralmente calpestata.   Uno stivale la raggiunse al volto e l’urto fu tale da stordirla.   Il caos che la circondava sfumò, come i suoni, i colori, gli odori… l’Usignolo comprese che stava svenendo.   Fece appello a tutte le sue forze per non cedere, poi si sentì stingere la spalla e il dolore la destò dal torpore.  Urlò in preda al panico e colpò la mano che la stringeva e si accorse che quella mano era avvolta in solidi guanti di metallo.
- Si alzi Matrona, si alzi!  - gridò una guardia.  La donna si rimise in piedi traballando.
- Dobbiamo… dobbiamo… - e indicò il canale.
- No, mia signora! – le rispose il militare deciso. Le grida di Timmy attirarono l’attenzione del militare.  Il guerriero si voltò e senza perdere tempo calò la sua spada sullo zombi quasi del tutto emerso dal suolo aprendo in due la testa, il collo e parte del dorso della creatura.
- Non è sicuro da quella parte!  Il quartiere della magia è un campo da battaglia! –
- Dobbiamo lasciare la città! I maghi possono… -
- Non di là! –
Una esplosione sovrastò il frastuono della battaglia ed un lampo di luce proiettò improvvise ombre lunghe e scure che schizzarono in direzione opposte come mille ratti impazziti.  Lampi azzurri come fulmini ribaltati schizzavano dal Quartiere dei Maghi verso il cielo, lampi seguiti da sordi boati.  Infine le fiamme.
- Mio Creatore… - sibilò con voce tremante la nutrice.
- Come ho detto non possiamo andare per di là: l’unico modo è il treno! Andiamo! –
Tornarono sui loro passi verso la piazza del mercato, ma quando la raggiunsero dovettero puntare di nuovo verso Nord, in direzione della Cattedrale perché decine e decine di non-morti erano a stento tenuti a bada da una intera guarnigione di guardie cittadine.
- Dobbiamo aggirare la piazza! Presto! Seguiamo quella gente! –
Poi la luce del sole si oscurò.
La Matrona alzò gli occhi e capì che non erano nubi che impedivano ai raggi del sole di raggiungerli, ma frecce: centinaia, forse migliaia di frecce che piombavano verso di loro, come una pioggia letale scatenata dalla fortezza fluttuante.
- Presto! – il soldato lanciò la spada verso una finestra facendola a pezzi, quindi afferrò Timmy e Amy e si lanciò dentro, imitato dalla donna.  Poco dopo mille fischi di altrettanto mille frecce coprirono ogni altro suono.  Il silenzio che seguì fu più terribile delle grida, ma durò poco.  Il terreno ricominciò a tremare.
- Non perdiamo tempo! – urlò l’Usignolo incapace di trattenere le lacrime che, bollenti, lasciavano due solchi sulle sue gote sporche.
Abbandonarono quella che era un tempo la bottega di un armaiolo e si precipitarono verso Est, verso il Quartiere dei Nani. Il terreno sembrava un campo di grano le cui spighe erano però lerce frecce scure. Il soldato apriva la fila falciandole per facilitare ai bambini la fuga.  Uno zombi gli si parò davanti ed allungò l’unico braccio che aveva verso di lui.  Decine di frecce gli punteggiavano la testa, il petto, le spalle, ma ancora si muoveva ed ancora aveva fame.  Il soldato gridando descrisse un arco con la sua spada decapitando la creatura e superandola mentre toccava il suolo.  Un fiotto di sangue nero lo raggiunse al petto, insozzando la bella armatura proprio all’altezza della maestosa testa di leone, simbolo della capitale, dando l’impressione che sanguinasse egli stesso, come la città di cui era il simbolo. 
- Ecco il ponte orientale per la Città Vecchia.  Ci siamo quasi! -
Mano a mano che si avvicinavano al quartiere storico della capitale, la gente aumentava.  Il grosso delle truppe, evidentemente a protezione del sovrano, presidiava ogni angolo della Città Vecchia perché perdere quella zona della Capitale avrebbe significato permettere alle orde di invasori di raggiungere il castello reale che si trovava proprio infondo a quel quartiere.  Decine di arcieri avevano preso posizione nei piani alti delle case e squadre di nani armati di tutto punto correvano in tutte le direzioni per abbattere i non-morti che continuavano a uscire dal terreno.
Una volta arrivati, l’Usignolo e il militare si fermarono per riprendere fiato.
- Ci siamo… quasi, mia signora.  Il sottotreno non è lontano.  Solo che non credo che saremo i soli ad aver avuto questa pensata: dovremo stare attenti.-
- Allora: non appena lasceremo la Città Vecchia, dovete stringere la mano della Mamma e del nostro amico soldato forte forte e non dovete lasciarle per nessun motivo, mi avete capito bene?  Ci sarà tanta gente al treno, tutti come noi per lasciare la città, ma non dobbiamo per nessun motivo perderci di vista, va bene? –
- E comunque, qualsiasi cosa accada prendete quel treno. – concluse glaciale il giovane soldato asciugandosi il sudore dalla fronte.   
- In alto! Guardate in alto!!  - gridò un nano indicando la roccaforte volante da cui, da ciascuno delle quattro aperture orientate verso i quattro punti cardinali, si stavano staccando decine e decine di figure scure.
- Sono pipistrelli giganti! Fottuti dannati! –
Decine di cavalieri di Stormwind, in groppa ai propri grifoni da battaglia, puntarono verso la fortezza sospesa per intercettare le creature appena liberate, ingaggiando con esse duelli nel vuoto.
- Dobbiamo, andare… Dobbiamo andare!!
La corsa verso la salvezza riprese e questa volta non erano soli.  Decine e decine di uomini erano in fuga proprio come loro.  Fornai, fabbri, mercanti, nobili, servi, uomini, donne, bambini, anziani, umani, gnomi, qualche elfo, tutti nella stessa direzione, tutti con lo stesso scopo, un’onda di concittadini terrorizzati. La Matrona si voltò indietro per un attimo, proprio il tempo di assistere all’ennesimo atto di crudeltà: un gruppo di pipistrelli si avventarono sulla guarnigione senza pietà.  Fiumi di sangue caldo cominciarono a scorrere allungandosi impietosi in tutte le direzioni.  Non riusciva a distogliere lo sguardo, poi il barrito di un grifone da combattimento richiamò la sua attenzione sulla strada davanti a sé invece che su quella che si stava lasciando alle spalle.
- Attenti! – gridò il soldato alzando gli occhi verso l’alto.  Quindi lo schianto: un grifone da guerra bardato di tutto punto ancora avvinghiato ad un pipistrello dalle larghe ali viola precipitò col suo cavaliere sulla folla, travolgendo decine di fuggitivi.  Lo schianto fu terribile come terribile fu il crepitio delle ossa di cavaliere e cavalcatura che si fracassavano al suolo assieme a quelle dei malcapitati sotto di loro.  Il panico prese il sopravvento e la folla si disperse in tutte le direzioni.  Decine di fuggitivi raggiunsero la Matrona cercando evidentemente rifugio nella Città Vecchia alle loro spalle.  Il soldato fece scudo col proprio corpo, colpendo con forza chiunque gli capitasse a tiro col pomello della spada e riuscendo ad aprire un varco.
- Abbiamo poco tempo! – gridò, mentre riprendeva a correre verso il ponte che collegava la Città Vecchia al Quartiere dei Nani. 
- Un ultimo sforzo! –
L’odore di carbone bruciato nelle fucine dei nani sembrò profumo rispetto alla puzza di carne e sangue che aleggiava per tutta la città.  Il gruppo superò il ponte sudorientale e si lasciò alle spalle la Città Vecchia.  Le mura cittadine si intravedevano da dietro le abitazioni, più basse in quell’area della città.  Gli arcieri che percorrevano le mura scoccavano talvolta verso le minacce provenienti dall’alto, talvolta verso il basso. Le punte d’acciaio delle frecce brillavano come gemme preziose, mentre i dardi descrivevano il loro letale arco verso i bersagli destinati.  Schiocchi lontani di altrettanti lontani colpi di fucile echeggiavano numerosi.
Un’enorme ruota dentata, cava al centro, era presa di assalto da decine e decine di persone che si accalcavano per entrare. 
- Molto bene.  Ecco l’ingresso.  Dobbiamo farci strada verso il treno e salire; una volta in viaggio potremo riposare. -
- Come pensi di fare a raggiungere le pedane? –
- Anche a colpi di spada, se necessario. – rispose calmo il soldato prima di appoggiarsi alla sua arma e abbandonarsi al primo sorriso da quando quella corsa era iniziata.
- Grazie. –
- Non ancora., poi dopo essersi rimesso in piedi, fissando l’ingresso alla stazione, aggiunse, Va bene, direi di muoverci, che ne dici ragazzo? –
- Sono pronto. – rispose deciso Timmy prima di essere letteralmente scagliato per aria da una improvvisa esplosione.
Le pietre del pavimento schizzarono verso l’alto quando, squarciandole, inaspettato quanto rapido, un gigantesco abominio emerse dal terreno.  Con una grossa mano callosa provò ad afferrare la Matrona, ma fallì, con la seconda e la terza fece leva per issarsi e uscire del tutto allo scoperto.
- Fuggite! – gridò il soldato piantando bene i piedi a terra e preparandosi allo scontro.
Il gigantesco non-morto fissò il guerriero dall’altro dei suoi due metri e mezzo.  Era una montagna di carne, grottesco costrutto ricavato dalle parti cucite assieme di decine di cadaveri di creature ormai irriconoscibili.  La Matrona afferrò per un braccio Timmy, finalmente in lacrime, e con gli altri bambini stretti a sé si lasciò il compagno alle spalle e si precipitò verso la folla.
- Abominio! –
Non appena gli ultimi della fila avvertirono quella parola e la collegarono ai sinistri gemiti provenienti dalle loro spalle, cominciarono a loro volta a ripetere quel nome ed a premere verso la gente prima di loro.  La calca divenne infernale, senza controllo.  Le grida di terrore vennero sovrastate dalle urla di dolore quando la folla, in preda a folle paura, cominciò a travolgere ogni cosa, ogni persona, pur di trovare riparo.  Decine di fuggitivi vennero calpestati, trovando una morte a tratti peggiore di quella riservata loro dai non-morti da cui scappavano.   La Matrona, raggiunto l’ingresso, si fermò: avrebbe scelto un'altra strada, avrebbe trovato un altro modo; avrebbe voluto, ma guardando il soldato che li aveva salvati evitare per un soffio le manate della creatura, comprese che presto avrebbe ceduto.  Non aveva scelta.
- Pronti?, chiese tremante ai piccoli orfani, Timmy: tieni stretta la mano di Emy e di Fiore, io terrò in braccio Sammy e Gemma per mano.  Qualunque cosa succeda, non lasciate le mani mie e di Timmy, e comunque, salite sul sottotreno, qualsiasi cosa succeda, mi avete capito bene? Ci vediamo ad Ironforge! Una volta un bel gelato di latte di ram!-
I bambini piangendo annuirono, ma erano terrorizzati.  I loro visi non più rosa, ma sudici e punteggiati da mille escoriazioni davano loro l’aspetto di bambole trascurate.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren

Shockwave

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Bellobellobellobellobellobellobellobellobello!!!!

Grande Pietro!!