Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XV - Cap. 11: Northerend (prima parte)  (Letto 1073 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
Vorrei ringraziare Shockwave! Il tuo contributo per l'incipit di questo capitolo è stato fondamentale e determinante! Chissà che non sia solo... l'inizio!!!!

11
Northerend


Erano passate cinque settimane, cinque settimane di mare.  Mano a mano che la distanza tra la spedizione e la destinazione si assottigliava, le difficoltà affrontate durante il viaggio sfumavano alla luce confusa e cangiante di una lontana aurora boreale.  Erano vicini.  Quasi alla meta. 
Le prime luci dell'alba non erano ancora visibili e il cielo era terso, se non fosse stato per i ricami nel cielo dell’aurora, tuttavia le tenebre di quell’ennesima notte lontani da casa stavano per cedere il posto alla luce, ancora una volta, a breve. Quello era il momento della giornata che preferiva: aveva la possibilità di guardare dentro sé stesso, schiarirsi le idee e preparare la sua strategia per gli eventi della giornata.
Il freddo incessante che lo circondava sembrava non dargli alcun fastidio, anzi sembrava rinvigorito dalla brezza marina che gli sferzava il volto.
Attorno a lui, marinai e soldati erano indaffarati con le operazioni di ponte della nave.
Tutti evitavano accuratamente di incrociare il suo sguardo: al suo cospetto, l'attenzione di tutti era stranamente rivolta alle assi del ponte, ai propri stivali o all'oceano che li circondava da ormai un mese e più.
Nessuno guardava negli occhi il proprio Principe.
Nessuno guardava negli il futuro Re di Lordaeron.


- Hanno paura di te - disse la voce dentro di lui. Ed aveva ragione. Da tempo questa voce si faceva sentire, di tanto in tanto, ed Arthas aveva imparato ad ascoltarla visto che lo aveva sempre consigliato in modo corretto. Questo pensiero lo appagava, stranamente. Un sinistro sorriso si allargò sulle sue labbra conferendo al comandante della spedizione un aspetto determinato, sicuro, quasi sinistro.  Non appena si rese conto di sorridere, tuttavia, Arthas riprese rapidamente il controllo: non mostrava mai ai suoi subalterni i propri pensieri, siano questi piacevoli o funesti.  Riassunta un’espressione impassibile e dura, si guardò intorno, cercando qualcuno che avesse potuto scorgere l'accaduto.
Nessuno lo guardava.


Era da giorni ormai che i soldati lo evitavano.  Era solo, solo da molto tempo ormai, solo con la sua missione, se non fosse stato per quella voce che sussurrava dentro di lui, solo da quando Jaina lo aveva abbandonato rifiutandosi di raggiungere Stratholme assieme a lui, solo da quando. persino Uther si era rifiutato di accompagnarlo. Uther… uno dei più grandi esempi di rettitudine che avesse mai incontrato nella sua vita, il suo mentore, l’unico che per temperamento, ispirazione e motivazioni gli ricordava uno dei più grandi guerrieri della fede del passato: Sir Zeliek; eppure colui che considerava quanto vi fosse più simile ad un fratello si era rifiutato di eseguire l’ordine diretto del suo Principe, la disposizione del suo superiore, la voce del Creatore che imponeva a lui, Arthas Menethil, Cavaliere della Mano d’Argento, di epurare Stratholme dalla piaga dei non-morti... e dalla presenza del demone artefice della caduta della città! 
Allora non riusciva a comprendere come tale uomo avesse potuto voltargli le spalle, ma ora tutto era chiaro, limpido come l’alba celata dietro all’aurora:  Uther non era che un codardo, incapace di farsi carico di decisioni difficili.
Senza accorgersene, la mano aveva cercato e trovato l’impugnatura di Vendicaluce, il suo martello da guerra, che fin dall'investitura a Cavaliere dell’Ordine della Mano d’Argento lo accompagnava.
Questa volta gli sguardi dei presenti si inchiodarono su di lui.
- Soldato! -
- Si, mio Lord? - rispose il soldato avvicinandosi e chinando il capo. La sua voce tremava.
- Vai a chiamare il Capitano Rautmann. Devo parlargli, subito. –
- Si, mio Lord - disse l'uomo allontanandosi, senza voltargli le spalle. Giunto a qualche metro dal paladino, il soldato si voltò e corse sotto coperta.
Arthas distese il possente braccio verso il suolo, lasciando che la testa del martello toccasse il ponte della nave. Nonostante il martello fosse stato poco più che poggiato al suolo, le assi in legno furono scricchiolando si deformarono, arse dalla fiamma della Luce che pervadeva quell'arma.
- Non hai bisogno di loro... – lo incalzò la solita  voce dentro di lui ed anche questa volta Arthas sapeva che aveva ragione. Avrebbe inseguito ed abbattuto il demone Mal'Ganis anche da solo, se fosse stato necessario, scagliando Vendicaluce contro di lui per dare giustizia ad ogni uomo, donna e bambino a cui aveva portato la morte per evitare la diffusione della piaga scatenata su Stratholme! Erano sufficienti la sua sete di giustizia ed il suo martello da guerra, nient'altro.

- Mi fatto chiamare, mio Signore? –
Alla sinistra di Arthas comparve il capitano Rautmann. Il paladino era talmente assorto nei suoi pensieri che non l'aveva sentito arrivare. Anche l'ufficiale doveva essere sveglio da tempo: il volto era rasato, l'espressione non assonnata ed era in uniforme mantenuta in modo impeccabile. Forse anche troppo per un uomo in mare da oltre un mese...
- Si Capitano, vorrei un aggiornamento sullo stato del viaggio. –
- Il vento ha forza a sufficienza per mantenere la nave ad una velocità elevata ed il mare calmo ci evita ulteriori problemi. Anche gli altri due vascelli procedono alla nostra stessa velocità. Stando alle mappe nautiche dovremmo arrivare a destinazione entro domani per mezzodì. –
- Voglio essere a destinazione oggi, prima del calar del sole. –
- Signore? - il Capitano lo osservava con occhi sgranati
- Mi ha sentito Capitano. Più tempo restiamo in mare, più danno i non-morti ed i demoni arrecano al mio Impero. –
Il principe si fermò a riflettere: l'aveva definito il Suo impero, non quello del padre.
- Ma Signore, non posso aumentare il vento nelle vele e queste sono tutte spiegate, non abbiamo nulla di ammainato –
- Allora liberatevi della zavorra nelle stive. Tutta, compresi i viveri. –
- I...i viveri, mio Signore? - il capitano sgranò gli occhi.
- Esatto Capitano, e anche le riserve. In questo modo dovremmo diminuire il peso dei vascelli ed aumentare velocità. O mi sbaglio? –
- No, mio Lord, ma non sono a mio agio a liberarmi delle provviste, non quando sono in mezzo all'oceano. La vostra proposta può essere portata a termine, ma... –

- Allora lo faccia, Capitano! - tagliò corto Arthas alzando il tono della voce e fissandolo negli occhi.
L'ufficiale non proferì parola per qualche istante.
- Agli ordini, mio Signore –
- Il capitano indietreggiò di qualche passo prima di voltarsi e gridare a pieni polmoni - Vedetta!: Segnala alle navi di avvicinarsi a distanza di comunicazione e di preparare anche una lancia se dovessimo decidere di incontrarci con gli alti ufficiali! –
- Aye aye, Capitano! - rispose l'uomo in cima all'albero maestro.
Arthas spostò il martello da guerra da una mano all’altra, lasciandone però la testa poggiata al ponte. Quindi poggiò entrambe le mani sull'impugnatura e riprese a fissare l'orizzonte.
Da Est, le luci del giorno infine arrivarono, ma da dietro l’aurora, minacciose nuvole scure attendevano i viaggiatori con proposti tutt’altro che amichevoli.


* * *


I passi si avvicinavano alla porta in legno e ferro della cabina.  Erano vicini, preso la porta si sarebbe aperta.  Trattenne il respiro e valutò rapidamente il da farsi.  Era quasi vicino al suo bersaglio e ancora una volta quella cabina gli avrebbe permesso di procedere con la sua missione, sempre che riuscisse nell’intento di entrare senza essere visto, ovviamente. 
Dyanor afferrò due chiodi da scalata e cogliendo l’ennesimo tonfo delle onde sullo scafo, senza che nessuno potesse avvertire il colpo, li piantò sul muro ai lati del corridoio, quindi fece forza e si sollevò puntellandosi coi piedi. 
- Non ho voglia di pulire ancora il ponte, Frya, ma perché tocca sempre a noi. -
- Perché sono ordini, molto semplice no?  Andiamo Eagle non lamentarti come al solito. –
- Mi lamento perché le regole non sono uguali per tutti! Hai mai visto Roredrix pulire la stiva? O Shaday? Non mi pare proprio! Whitescar manda sempre i soliti… -
I due si allontanarono, salirono le scale e scomparvero al piano di sopra.   Dyanor sorrise: non avrebbero preso bene sapere che era lui la causa di quei turni massacranti, ma gli occorreva quella cabina e aveva amicizie altolocate capaci di fargliela avere ogni volta che era necessario.
Soddisfatto, si lasciò andare e atterrò in ginocchio senza emettere alcun rumore. Ripose i chiodi in una tasca e da un’altra estrasse i ferri del mestiere.  Un paio di colpi decisi di grimaldello e la serratura scattò.  La spia entrò rapidamente ed accostò la porta, quindi estrasse una sacca di pelle di daino.  Dispose il suo contenuto sul pavimento come al solito: diverse piccole bacchette e una serie di specchietti.  Afferrò le bacchette innestandone una nell’altra ottenendo una sorta di “L” dalla base estremamente più corta rispetto l’altezza; quindi piazzò gli specchietti al centro dall’estremità in linea fino all’ultima bacchetta prima dell’impugnatura.   La spia distese l’asta e chiudendo l’occhio destro, come volesse prendere la mira, fissò l’ultima lente, quella vicina l’impugnatura.  Non era del tutto allineata con al successiva.  Posò l’asta a terra e premette la seconda lente poi ripetè l’operazione.   Perfetto: le immagini della lente più lontana venivano seppur distorte riflesse fino alla prima. 
Poteva cominciare.
Si avvicinò alla feritoia che dava sull’esterno e con attenzione allungò la bacchetta  indirizzandola verso la cabina successiva, quella che stava osservando da mesi.  Non appena la lente più esterna riflettè le immagini della feritoia, Dyanor assicurò l’impugnatura ricurva alla feritoia della sua stanza in modo che potesse osservare senza timore di perdere l’asta.   Dyanor socchiuse gli occhi concentrato: Albina gli dava le spalle.

* * *

- Sei assolutamente sicuro? Voglio dire, non è che si veda molto con quel tuo marchingegno… -
- Erebus, Erebus: dovresti confidare di più nell’ingegneria gnomica! – bofonchiò July annuendo grevemente.
- Dyanor, non è mancanza di fiducia, che sia chiaro questo, ma quanto hai riferito è molto grave, dobbiamo essere certi che quanto hai visto sia esattamente quello che sembrava. – precisò Sceiren lanciando un’occhiata preoccupata a Selune il quale, quasi fosse una statua di marmo, non muoveva un muscolo.
- Ti prego, amico mio, concentrati sui dettagli e riferisci ancora. – chiese Ilaria sorridendo ed accarezzandosi la treccia che le si adagiava sul petto.
Dyanor, al centro della stanza, al centro dell’attenzione, irrigidì la mascella obbligandosi a mantenere la calma.  Era in situazioni come quella che il suo addestramento e l’esperienza maturata sul campo gli erano d’aiuto per evitare reazioni impulsive come voltare le spalle ed andarsene. Si sentiva come accusato quando invece quello che aveva fatto era stato obbedire ad un preciso ordine.  Così tornando a concentrarsi per evitare di omettere anche il più insignificante dettaglio, iniziò a ripresentare i fatti:
- Albina dava le spalle alla parete esterna così ho potuto osservare con maggiore calma ed attenzione ogni suo movimento senza il timore di venire tradito da un fortuito riflesso del sole su una lente. A terra sono riuscito a individuare parte di un cerchio e la punta di un triangolo che puntava su di esso.  Dalle proporzioni e dall’inclinazione della punta posso affermare che si trattava del vertice di una stella a cinque punte, evidentemente iscritta nel cerchio.  Si tratta però di una astrazione poiché non potevo vedere la figura nella sua interezza.  Sono certo inoltre che la figura, qualunque essa sia, è stata tracciata con sangue di qualche tipo di uccello, un albatros probabilmente.  Vi erano brandelli di piume bianche e nere rimaste invischiate lungo il pentacolo e se Albina ha cacciato la sua preda immagino lo abbia fatto di notte, quando la sorveglianza era ridotta.
Ho osservato l’evocatrice per una diecina di minuti.  E’ rimasta letteralmente immobile, in meditazione.  Ho pensato che stesse dormendo, ma poi ha alzate lentamente le mani, senza alcuno scatto tipico della veglia conseguente il risveglio, quindi confido fosse già cosciente prima del gesto.  Comunque ha alzato le mani per poi distenderle di fronte a sì, orientativamente verso il centro del pentacolo. A quel punto ho avvertito freddo, come dicevo, non riesco a descrivere meglio di così la sensazione che ho provato, ho avuto un brivido, seguito dalla diminuzione repentina della luce nella stanza di Albina.  Ho visto rotolare un barattolo, oscillare un pendolo appoggiato a terra, accanto a lei, quindi un fumo verde ha cominciato a saturare l’ambiente.  Ho temuto che la visibilità sarebbe diventata nulla, ma così non è stato perché dopo poco il fumo evocato da Albina ha assunto la forma di una colonna al centro del pentacolo.  –
- Un portale. Senza dubbio un portale. – riflettè Erebus a voce alta, ripetendo la sua deduzione come se fosse la prima volta che ascoltava il rapporto di Dyanor.
- Dobbiamo parlarci! Aprire un portale su una nave, in mezzo all’oceano! E’ da folli! –
- Per non parlare del fatto che non abbiamo idea di quale dimensione stesse contattando… - continuò Erebus, seguendo le parole di Selune.
- Si tratta di Albina, però, non possiamo pensare sempre al peggio quando si parla di lei! E’ una di noi. – disse Nadìr scandendo bene le ultime parole.
- Una di noi che nasconde qualcosa di oscuro… - aggiunse Ilaria.
- Cosa volete che faccia? – chiese Dyanor impaziente di lasciare la scomoda riunione, ma prima che chiunque nella stanza potesse rispondere, un boato seguito da un forte scossone che fece cadere a terra parecchi interlocutori decise per tutti loro.

* * *

 La tempesta aveva investito la flotta con una rapidità sconcertante: spinte da un vento sempre più teso, nubi scure rilucenti di celati e sempre più frequenti fulmini, avevano raggiunto la spedizione ed anche se preparati, marinai e ufficiali dei vascelli alleati non si erano aspettati una simile violenza.   La luce del sole venne rimpiazzata dalle tenebre di una notte rediviva, la brezza pungente che li aveva accompagnati da una tormenta di vento in continuo mutamento di direzione e intensità e la pioggia, come aghi di ghiaccio, si mischiava alla spuma ed alle onde che si scagliavano contro gli scafi con violenza.
I tuoni si susseguivano uno dopo l’altro, coprendo le grida dei marinai e gli ordini dei loro superiori.  Il crepitio delle sartie e delle assi di legno era raccapricciante.   
I mercantili, a vele ammainate, sfidavano la furia del mare e pur mantenendo la rotta, venivano sballottati continuamente a destra o a sinistra dalla potenza delle onde.  Il ruggito del fortunale unito agli elementi della natura che si stavano scatenando sui viaggiatori, creava una cacofonia innaturale di suoni differenti che rendevano la situazione irreale.
Infine, dopo l’ennesimo tuono, uno schianto più forte dei precedenti, lo schianto con qualcosa di solito, non con le onde e altre grida si aggiunsero a quelle udite fino ad allora.

* * *

Avevano tenuto la rotta come ordinato dal loro capitano.  Avevano puntato direttamente la gigantesca onda che li puntava e l’avevano attraversata evitando di ribaltarsi esattamente come ripeteva il primo ufficiale indicando la direzione da seguire.  Quello che né il capitano né il primo ufficiale né tantomeno il timoniere potevano sapere era che oltre quell’onda avrebbero urtato la Ferroefuoco, il vascello che li precedeva.
Non appena vista la minaccia, aveva cominciato ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola di virare, ma la tempesta copriva la sua voce e quando era divenuto palese il pericolo a tutti e la pausa tra un tuono e l’altro aveva permesso alle sue urla di raggiungere i marinari più in basso, era troppo tardi.  Dall’alto della vedetta, il marinaio Thomson assistette impotente alla fine della sua nave… e della sua vita.   Era vero tra l’altro: tutto gli passò davanti agli occhi come a rallentatore.   Il cielo burrascoso sopra la sua testa.  L’onda che avevano attraversato.  Il vascello oltre il mare d’acqua scura.  L’estrema virata del timoniere.  La poppa rinforzata della Ferroefuoco che penetrava nella prora della sua nave con facilità. 

* * *

Le ossa rituali rotolarono sotto al letto quando, dopo lo schianto, lo scafo si inclinò.  La draenea sgranò gli occhi bianchi, ma non si scompose.  Afferrò con un fluido movimento una delle due asce che aveva assicurate alla cintura e la piantò nel pavimento ed evitò di scivolare verso il letto assieme a tutto il resto del suo equipaggiamento.  Aveva avuto una premonizione un attimo prima dell’urto. Sapeva che sarebbe successo.   La sciamana afferrò poi la seconda ascia e la piantò sopra la prima e fece forza.  Colpo dopo colpo raggiunse la porta e uscì dalla cabina.  La nave stava affondando.   Cominciò a correre lungo il corridoio, ma non sul pavimento, quanto sulla parete, saltando le porte delle cabine come un percorso ad ostacoli.   Aveva poco tempo.   Poi l’acqua la raggiunse travolgendola e portandola via con sé.
Sevex pensò che infondo era un buon modo per andarsene: tra le braccia degli elementi.

* * *

Si erano ritrovati sul ponte senza neppure sapere come.  Uranias e Rexyna, aggrappati a una cima, tentavano di ragionare su come salvarsi dal naufragio.   L’albero maestro si piegò pericolosamente. Presto avrebbe ceduto e con lui anche la cima a cui si erano aggrappati sarebbe venuta via. 
- Tu puoi farcela, va via! – urlò lo sciamano alla compagna.
- Non ti lascio qui! – rispose lei.
- Raggiungi la riva, salvati! – continuò lui. 
- Io non vado… - come se centrata da un potente incantesimo, la base dell’albero principale del mercantile venne squarciato da un fulmine in una pioggia di schegge fiammeggianti.  Rexyna, tramortito, lasciò la presa e cadde in mare, seguito da Uranias che poco prima di toccare le onde, cambiò forma, tuffandosi con le sembianze di una foca dai mille tatuaggi verdeggianti.
« Ultima modifica: Marzo 09, 2012, 05:50:54 pm da sceiren »

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren

Shockwave

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Re: Figli dell'Ultima Alba XV - Cap. 11: Northerend (prima parte)
« Risposta #1 il: Marzo 09, 2012, 11:26:18 pm »
E' un piacere Pietro ^^