Autore Topic: figli dell'Ultima Alba XXIII - Capitolo 16: Radici  (Letto 978 volte)

Sceiren

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figli dell'Ultima Alba XXIII - Capitolo 16: Radici
« il: Gennaio 18, 2013, 10:57:08 pm »
16
Radici

Voci lontane attutite dalla coltre di neve lo raggiungevano a stento.  Due passi incerti verso il suo giaciglio e il consueto odore un tempo nauseante di sudore, sangue e terra lo raggiunse. Indifferente.  Piantò i pugnali a terra e si lasciò cadere poco distante da essi, seduto, spalle alle radici di qualche quercia che cresceva in superficie.   Sputò a terra quindi si passò una mano sulla lunga barba un tempo bionda che amava curare e che, ora, altro non era che un groviglio sporco di filo spinato, per poi appoggiare la testa all’indietro, sulla parete.  Avvertì l’umido contatto con la terra, ma la ignorò.  Non ricordava che ore fossero, se fosse notte o mattina.  Non ricordava quando fosse salito e quanto tempo avesse combattuto là fuori prima di tornare.  Ricordava a mala pena chi fosse e cosa stesse facendo lì… e poco aveva a che fare con la missione assegnata.
Allungò la mano verso la borraccia, ne stappò il tappo e lo sputò poco distante dai piedi, quindi mandò giù uno, due, tre sorsi di distillato di latte di yak prima di posarla e sospirare.   
- Dormire qui è veramente un’impresa.  Non la smettono mai di combattere lassù? – disse il ragazzo sistemandosi alla meno peggio accanto al trasandato compagno.
- Mmmmm – mugugnò di rimando.
- Quante ore sei stato in superficie? –
- Abbastanza. –
- Abbastanza per un mese! Non puoi continuare così.  Cosa credi di ottenere distruggendoti?  Ascolta, il prete si comincia a preoccupare per te e non la vedo come una cosa proprio positiva… e quanto ne hai bevuto di quello da stamattina? –
- Non farmi da madre, non lo sei. –
- Non sono tua madre, ci mancherebbe… e non parlarmi di donne, le uniche che ho visto qui sotto non le toccherei neppure con un bastone, cioè, non in senso letterale, voglio dire. –
- Ma piantala, si può sapere che vuoi, Black, vorrei riposare adesso! Il prossimo turno è tra tre ore. –
- Tre ore? Ma mi prendi in giro? Hai a malapena la forza per ubriacarti, come pensi di resistere contro i non-morti? Incendiando l’alito?, poi avvicinandosi e fissando negli occhi incavati l’amico, Dyanor, non troverai quello che cerchi facendoti ammazzare. –
Blackill non aggiunse altro e attese che prendesse sonno prima di alzarsi.  Non amava vivere di fatto sottoterra e durante le missioni in superficie non aveva neppure il tempo di respirare l’area fresca di fuori perché le orde di non-morti pareva non aspettare altro che la sua sortita per scatenarsi.  Era una lotta continua ed impari, contro un nemico che, a differenza di lui e di tutti gli altri combattenti, non poteva morire.
Lasciò una delle tante alcove presenti nel rifugio sotterraneo, quella che era stata assegnata a lui e Dyanor come giaciglio, e si fece strada nei cunicoli puzzolenti ed umidi scavati sotto la cittadina.  Riconobbe molti dei crociati che combattevano al suo fianco ormai da settimane, altri non li conosceva… altri ancora che aveva conosciuto non erano mai rientrati alla base.   Poco distante, il comandante Lynore Spazzavento dava ordini alle squadre che presto avrebbero dato il cambio ai gruppi di incursori in superficie.  La battaglia per la liberazione di Forte Guardiainverno era senza sosta e senza quartiere, una guerriglia maledetta tra le case ormai abbandonate fuori dalle mura della fortezza, case infestate dai non-morti al seguito di Kelthuzad, il reggente della cittadella sospesa di Naxxramas. 
- Hai mangiato? –
Blackill saltò sul posto: era assorto nei suoi pensieri e non aveva sentito arrivare il prete dietro di sé.
- Si, ho preso qualcosa poco fa.  Tu? Com’è andata là fuori? -
Il sacerdote si slegò la coda di cavallo, si pettinò alla meno peggio i lunghi capelli biondo miele.
- Dieci morti, una squadra praticamente annientata. Un agguato del… - dolce Creatore, sto cominciando a parlare come voi.
- Sarebbe una delle tante fortune che ti auguro, Chester.  Comunque a parte le nostre perdite, l’obiettivo è caduto almeno? –
- Quello sì, abbiamo fatto saltare una carica proprio accanto ad un convoglio di catapulte cariche di veleno.  Almeno per oggi i bombardamenti sono cessati. –
- Non sono morti invano, allora. –
- No, non lo sono mai. E tu invece? Sei coi prossimi? –
- Non credo, penso che per oggi ho finito… io almeno, Dyanor partirà tra tre ore circa. –
Chesterum si accigliò.
- Devi parlare con lui. Non è qui per combattere la guerra da solo né tantomeno per morire come uno di queste anime qui sotto!  E’ qui perché gli è stato dato un compito ben preciso e l’esercito ormai non sarà molto distante, Black, ci serve lucido e ci serve adesso! -
- Senti, so cosa vuoi dire, mi rendo conto… -
- No che non ti rendi conto!  Se Dyanor non torna in sé e non riacquista padronanza delle sue azioni, se non riprende ad organizzare la resistenza invece che obbedire come un pazzo suicida a tutti gli ordini dell’elfa, sappi che dovrò rimuoverlo dal comando della missione. –
- Immaginavo che lo avresti detto. –
- Bene, allora sai anche che non parlo a vanvera. –
- Su questo avrei da ridire… -
- Sono serio. –
- Anche io!  Non esiste che tu rimuova Dyanor dal comando, è solo rimasto colpito dalla notizia, dagli tempo per abituarsi. –
Chester scosse il capo e cupo fissò il giovane paladino di fronte a sé.
- Blackill, non abbiamo più molto tempo.  O Dyanor riacquista il controllo o prenderò provvedimenti. -  e senza aspettare una risposta si avviò verso il proprio giaciglio.
 
* * *

Dyanor amava uscire per le missioni e il contatto inebriante con l’aria pungente delle lande innevate che circondavano la fortezza gli dava quella piacevole scossa che lo portava a combattere fino allo sfinimento.  Infatti, anche se il suo ruolo era quello di guastatore, il più delle volte le soverchianti forze nemiche erano impossibili da eludere ed allora dismetteva gli abiti del combattente delle ombre e di buon grado indossava quelle della testa di ponte, in prima linea contro il nemico.
Così, dopo quei pochi primi istanti di piacevole pace interiore, precipitava nel vortice senza senso della guerriglia più feroce, contro avversari non umani, già morti, e pertanto, senza regole o etica di sorta.  A questo stato di cose si sommava anche l’ansia costante del perseguire non uno, né due linee di comando contemporaneamente, ma tre al contempo con tre obiettivi distinti spesso in lotta tra loro per prevalere: Dyanor era stato scelto dal generale Masters per preparare l’arrivo dell’esercito a Forte di Guardianverno perché la Si:7 contava su di lui e perché Erebus aveva garantito personalmente sulle sue capacità.   Dyanor aveva le missioni di guerriglia che quotidianamente svolgeva al massimo, puntando a salvare il maggior numero di civili esattamente come puntava a distruggere il maggior numero di non-morti al seguito di Kelthuzad.   E poi, inaspettatamente, la terza missione, la più personale, la più intima, che metteva tutte le altre in secondo piano: quella di riuscire a parlare con l’informatore.   
Dyanor aveva appreso che la resistenza aveva un informatore, un doppiogiochista tra le fila di Kelthuzad, un informatore che nonostante non fosse un non-morto era propri lì, nella cittadella di Naxxramas, una fonte di informazioni inesauribile che in più di una occasione si erano rivelati vitali per la sopravvivenza della resistenza stessa e che ora, da quando Dyanor e gli altri uomini al suo comando, erano arrivati a Dracombra, forniva dettagli fondamentali per l’assalto che da li a poco ci sarebbe stato.  Questo informatore si faceva chiamare Colera.   Dyanor aveva letto alcune trascrizioni di messaggi cifrati da lui lasciati, ma come uno schiaffo, quello che lo aveva letteralmente travolto, non era stato il testo di quanto aveva letto, quanto la firma dell’informatore: quattro lettere stilizzate senza senso… almeno per quasi tutti.  “OSHO”. 
La comandante Lynore Spazzavento gli aveva riferito che avevano cercato di decifrare la firma inizialmente, credendo potesse essere un modo per comprendere se fosse o meno affidabile, ma poi avevano desistito non trovando utile perdere tempo e risorse dietro una quattro lettere che, in fin dei conti, potevano significare qualsiasi cosa. Quello che contava era che le notizie trapelate erano attendibili. Il perché le facesse trapelare e chi fosse il loro benefattore poco importava. 
Poco importava a lei, ma non a Dyanor… accettava ogni missione, ogni occasione per uscire perché era evidente come la verità che se voleva scoprire l’identità di questo “Colera”, se voleva capire se quella parola, “osho”, si riferiva proprio alla persona che cercava e che sapeva aver preso il mare del nord anni prima, se voleva togliersi definitivamente quella persona dalla testa e dal cuore, non aveva altro modo che stare in superficie, sfruttando ogni occasione che gli si presentasse per incontrarlo.
E così ancora non si lasciava sfuggire una missione che riteneva lo potesse avvicinare alla verità, anche se esausto, anche se pericolosa, anche se senza alcun riguardo della sua persona.
Lentamente aveva perso cognizione del tempo e le priorità della sua vita erano state alterate e sfumate.   Quello che voleva era incontrare l’informatore, parlarci e scoprire cosa nascondesse la sua identità.
Così quando al rientro, aveva scoperto che era giunto l’ennesimo messaggio, in un attimo la stanchezza accumulata in due ore di missione venne spazzata via e la spia era tornata quella di sempre: vigile, guardinga, attenta.
- Capitano Dyanor, ti stavamo aspettando.  Gli obiettivi della missione? – chiese l’elfa Lynore inarcando uno delle sue lunga sopracciglia.
- Obiettivi raggiunti: abbiamo messo in salvo quindici civili asserragliati nella vecchia fattoria a Nord-Est.   Non è più sicuro quel sentiero, comunque, è completamente invaso da scheletri soldato.  Di fatto siamo bloccati: il passo montano dietro di noi, le forze di Kelthuzad tutto intorno. –
- A questo punto non resta che sperare che l’attacco arrivi il prima possibile.  Abbiamo notizie della posizione dell’esercito? – chiese ad un nano alla sua destra.
- I nostri informatori confermano la posizione delle forze terrestri all’altezza della Fortezza di Vedetta Occidentale, mentre le forze pesanti e mezzi procedono verso Nord-Ovest e prevedibilmente raggiungeranno le truppe leggere ai piedi dei Colli Bradi per procedere poi insieme verso di noi.   Prevediamo che saranno qui tra almeno quattro settimane, sempre che il Passo Arriga sia libero, certo. –
- Quasi per primavera… - si lasciò sfuggire Dyanor abbozzando un sorriso.
- Primavera forse dalle tue parti, ma qui è il centro dell’inverno!  Non siamo nell’assolata Kalimdor qui, siamo nelle Northerend! Ti va di scherzare? –
- Non credo sia il caso di … scaldarsi… - e non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere proprio in faccia al nano paonazzo di rabbia.   Non rideva così di gusto da giorni, settimane forse.
- Basta, finitela. Non ho tempo da perdere.  Abbiamo di fatto un mese per pianificare l’attività di disturbo.   Senza contare che non possiamo escludere che il nemico sia già a conoscenza della forza che muove verso di lui.  Quindi dobbiamo destabilizzare il più possibile le forze della cittadella in modo che quando sarà il momento, anche se non potremo evitare che si organizzino, quantomeno potremo rendere la cosa più macchinosa. A tal proposito la nostra fonte ci ha fatto pervenire un messaggio. –
Il sorriso di Dyanor venne spazzato via.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren